Dai sistemi di front end al cuore dei contact center: la customer experience diventa (Gen) AI driven
Da anni è diventato un fattore distintivo e di successo (o di insuccesso). Per i marchi retail ma non solo, perché a trarre giovamento dalla capacità di garantire un’esperienza positiva ai propri clienti sono compagnie assicurative e banche, aziende di trasporto (treni, aerei, navi, bus..) e in generale quelle imprese che offrono dei servizi al consumatore finale, anche in forma digitale. La customer experience è per tutti un asset (oltre che un processo) e come tale non poteva non essere interessata dall’onda lunga del fenomeno dell’intelligenza artificiale generativa. Gli esperti di Avaya, in proposito, hanno battezzato qualche settimana fa un concetto – “Generative CX” – per confermare come l’AI basata sui modelli di linguaggio di grande formato sia ormai al centro della trasformazione dell’esperienza del cliente (e dei dipendenti di un’organizzazione) toccandone tutti gli aspetti, dalla soddisfazione dell’utente/consumatore alle attività di assistenza.
Come si trasforma l’assistenza clienti
L’intento (di Avaya e di tutti provider di applicazioni che operano in questo contesto) è cambiare in meglio la vita dei responsabili dei contact center e aiutarli ad implementare più facilmente i flussi di lavoro e a raccogliere insight più accurati e rilevanti. Il tutto con un semplice tocco sulla tastiera. O, più avanti nel tempo (ma forse non troppo) con un comando vocale. Il punto di partenza, come spiegano gli esperti della società americana, riflette un uso dell’AI finora limitato a livello di front-end, e di norma come strumento per rispondere a domande di routine dei clienti tramite l’ausilio di assistenti virtuali intelligenti. Il salto in avanti è quindi nell’estendere l’applicazione degli algoritmi di machine learning anche al cuore del contact center, generando maggiore e più immediata efficienza nella fase di assistenza ai clienti. Che questa sia la strada da seguire lo confermerebbe un recente studio di Insight, secondo il quale due terzi degli executive prevedono di utilizzare l’intelligenza artificiale generativa per migliorare il servizio clienti delle rispettive organizzazioni nei prossimi tre anni.
I vantaggi (e i rischi) che porta in dote l’intelligenza artificiale
Un white paper pubblicato a inizio novembre dal Cefriel, il centro di innovazione digitale fondato dal Politecnico di Milano, entra sull’argomento AI-customer experience cercando di spiegare come i benefici insiti alla tecnologia degli algoritmi possano distribuirsi su più livelli, dalla consapevolezza in fase di acquisto fino al supporto post-vendita. Portare innovazione all’esperienza dell’utente, in altre parole, significa poterla rendere più coinvolgente e “cucita su misura”, aumentando di conseguenza il livello di engagement del consumatore e la sua fidelizzazione nel lungo periodo. Il punto focale dell’intervento dell’AI è legato a filo doppio alla capacità di utilizzare i dati dei clienti (preferenze, transazioni, interazioni social) per offrire esperienze sempre più personalizzate, automatizzare i processi, fornire assistenza immediata e creare interazioni più coinvolgenti. Cosa fanno gli algoritmi? Macinano tutte le informazioni raccolti dai diversi touchpoint digitali e aiutano a comprendere meglio (e più velocemente) i bisogni e i comportamenti dei clienti, identificando nel contempo anche le possibili criticità che emergono durante l’esperienza di acquisto e che possono diventare modelli sui quali costruire azioni di miglioramento.
I rischi?
Non mancano, e nel rapporto del Cefriel si fa riferimento in particolare al tema dell’AI, e più specificatamente alla necessità di impiegare questa tacnologia nel solco dei principi già individuati dall’AI Act. Più soddisfazione (dei clienti) e meno costi (operativi) grazie a ChatGPTLa ricetta per vincere attraverso la customer experience e il customer care può essere anche relativamente semplice ma non può trascurare il perfetto bilanciamento fra un servizio clienti che deve puntare all’eccellenza e l’ottimizzazione dei costi operativi. La disponibilità su larga scala di strumenti come ChatGPT, a detta di Joseph Novak, Chief Innovation Officer di Spitch, azienda svizzera specializzata in tecnologie di AI conversazionale e di analisi del linguaggio parlato, è per l’appunto la soluzione che permette di raggiungere questo equilibrio e riflette la possibilità che, adattando le soluzioni di intelligenza artificiale per renderle sempre più simili all’intervento umano (nel rispetto della privacy), i modelli di customer care si possono cambiare.
Ma quali sono, in concreto, le migliorie che possono apportare l’AI e le soluzioni che sfruttano le tecnologie Large Language Format?
L’elenco di Novak è lungo e volendolo sintetizzare possiamo citare queste tre voci: il maggiore supporto contestuale agli operatori del customer care anche tramite la generazione (via sistemi LLM) di risposte più puntuali, la maggiore precisione nella valutazione e nel riconoscimento delle intenzioni (sfruttando i dataset sintetici generati dai modelli GPT) e la semplificazione del processo di creazione di contenuti da parte dei sistemi di customer care. Fermo restando, sottolinea con fermezza l’esperto, che tutti i messaggi partoriti dall’AI generativa devono essere sottoposti a una rigorosa revisione da parte dell’essere umano per garantirne l’accuratezza, l’adeguatezza e l’efficacia. Chi usa l’AI conversazionale in ItaliaQualche esempio di utilizzo dell’AI conversazionale per innovare il customer care? Uno lo firma Wurth Italia, uno dei principali distributori nel campo dei prodotti professionali per il fissaggio e il montaggio, che ha scelto il chatbot intelligente sviluppato dalla startup italiana Indigo.ai per migliorare l’assistenza clienti e la customer journey in ottica omnicanale. I risultati ottenuti sono in questi numeri: il 96% delle 7mila interazioni mensili con i clienti sono oggi gestite in modo completamente automatico e oltre 30mila utenti unici hanno interagito con l’assistente virtuale nei primi sei mesi di attività. E siamo solo all’inizio, perché nelle intenzioni di Wurth c’è l’implementazione di un bot di tipo vocale e, per alcune tematiche, il potenziamento dell’AI generativa della piattaforma di indigo.ai, integrata con una knowledge base personalizzata costruita in base allo specifico dominio di interesse di ogni singola azienda.
Fonte: Il Sole 24 Ore