Dal 18 maggio la nuova organizzazione del MiC allunga la catena di comando

Dal 18 maggio la nuova organizzazione del MiC allunga la catena di comando

Al comma 8 dell’art. 3 del Regolamento si prevede che “I Capi dei Dipartimenti (…) sono responsabili dei risultati complessivamente raggiunti in attuazione degli indirizzi del Ministro”.

La criticità e il ritorno al passato

Arteconomy24 ha seguito l’iter della riforma a più riprese, sin dall’agosto scorso quando il Consiglio dei ministri la approvò nell’ambito di un Dpcm omnibus, in cui si normavano il processo penale e civile, gli incendi boschivi, il personale della magistratura e del Ministero della Giustizia, fino a norme per il recupero delle tossicodipendenze. In tutti i nostri articoli abbiamo evidenziato alcune perplessità che vale la pena ribadire anche in questa sede. Non siamo in presenza di una vera e propria riforma, bensì di un ritorno al passato, in quanto la riorganizzazione ripercorre lo schema dei dipartimenti voluto dal Ministro Rocco Buttiglione, in carica dall’aprile 2005 al maggio 2006, rivelatasi un flop per la troppa burocratizzazione delle procedure e per aver ingessato il funzionamento degli organi centrali e periferici del MiC.

Il toto direzioni

L’inserimento dei dipartimenti e i loro responsabili di nomina fiduciaria da parte del Ministro, a cui si aggiungeranno i dirigenti generali e non generali e i funzionari, allunga di molto la catena di comando. Inoltre, è evidente che la nomina politica diretta dei Capi dipartimento, influenzerà anche tutte le altre nomine dirigenziali. I 14 musei dotati di autonomia speciale come, ad esempio, la Reggia di Caserta o la Pinacoteca di Brera, dipenderanno sia dalla DiVa che dalla Direzione generale Musei. Ciò rappresenta un passo indietro per la tanto auspicata autonomia gestionale e sarà un rompicapo per i direttori dei musei che dovranno chiedere una doppia autorizzazione per svolgere le proprie attività. Accanto alla DiVa viene creato l’Istituto centrale per la valorizzazione economica e la promozione del patrimonio culturale, con la probabilità di avere duplicazioni e sovrapposizioni di compiti. La Digital Library, il cui compito è quello di digitalizzare il patrimonio culturale grazie anche a un finanziamento PNRR di 500 milioni di euro, nella precedente organizzazione aveva una completa autonomia; nell’attuale il suo operato dipenderà dalla Direzione generale Digitalizzazione e comunicazione, a sua volta avente funzione di curare la digitalizzazione del patrimonio culturale. La Direzione generale Creatività contemporanea con il compito di sostenere le imprese culturali e creative e promuovere interventi di rigenerazione urbana, sarà in coabitazione con la DiVa che dovrà favorire la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alle attività di valorizzazione del patrimonio culturale.

Da una prima lettura del regolamento, si ha, quindi, la sensazione di trovarsi davanti a un assetto organizzativo macchinoso, così come sottolineato dal Consiglio di Stato, che con il parere di febbraio n. 00132-2024 ha stigmatizzato le carenze delle relazioni accompagnatorie. I documenti allegati al Regolamento, invece, di chiarire e illustrare gli aspetti tecnico-giuridici nei suoi tratti essenziali e qualificanti, nonché le innovazioni e le scelte di conservazione rispetto alla disciplina precedente, risultano formulati in maniera scarna e sintetica. Rispetto ai grandi musei la riforma è definita lacunosa.

Inoltre, il parere evidenzia altre criticità come il numero di aumento delle poltrone dirigenziali. Difatti, nel documento si legge che saranno aumentate le posizioni di livello generale (da 27 a 32) e di livello non generale (da 192 a 198), rispetto alla precedente organizzazione, pur nel rispetto del numero massimo previsto dalla legge e nel rispetto dell’invarianza finanziaria, attestata dalla relazione tecnica bollinata dalla Ragioneria Generale.

Fonte: Il Sole 24 Ore