Dal caso Almasri alle toghe: perché la strategia di attacco di Meloni sulle orme di Trump continuerà ancora

Dal caso Almasri alle toghe: perché la strategia di attacco di Meloni sulle orme di Trump continuerà ancora

Difendersi attaccando. E’ l’arte marziale della politica populista, il colpo di karate che trasforma ogni accusa in un complotto. E così anche sulla vicenda Almasri, il generale libico accusato di crimini contro l’umanità arrestato in Italia e rispedito a Tripoli con un volo di Stato dei nostri servizi, Giorgia Meloni non si è difesa: ha rilanciato. Lo ha fatto con un video: due minuti con sguardo fisso nella telecamera, tono grave, il foglio della Procura esibito come un’icona. «Non ci fermeranno», ha detto, lasciando a noi il compito di indovinare chi siano questi “loro”. Che è sottinteso: le toghe rosse, i giudici militanti che vogliono bloccare la separazione delle carriere, ma anche quell’elite internazionale che le sta facendo la guerra come dimostra il fatto che l’ordine di arrestare il torturatore libico è diventato esecutivo solo quando Almasri è entrato in Italia.

La teoria del complotto

E’ la teoria del complotto. Che Meloni tira fuori pur senza pronunciarne la parola. Ma che rivela con rabbia quando dice «non sono ricattabile». Un format perfetto e già sperimentato dall’altra parte dell’Atlantico. Certo le vicende che hanno coinvolto Donald Trump (dalla condanna per il caso Stormy all’accusa di essere stato il fomentatore dell’assalto al Congresso) non hanno niente a che vedere con quanto viene contestato a Meloni e agli altri componenti del governo coinvolti nel caso Almasri. Ma l’arringa-requisitoria della Premier sì. La tesi è che l’attaccano perché vuole difendere l’interesse nazionale, l’interesse degli italiani come Trump (dice) degli americani. E’ la teoria del fronte permanente: il governo assaltato dalle Procure, il Premier che non si piega e parla direttamente al popolo. Lo fa sfruttando molto bene i mezzi di comunicazione piuttosto che andare a riferire alle Camere. L’opposizione protesta e blocca il Parlamento in una sorta di nuovo Aventino? Poco importa. Il messaggio inviato in quei due minuti è molto più efficace.

Il non detto: i rapporti con i libici

Ed è passato anche il non detto. E cioè che mantenere buoni rapporti con i libici è essenziale per arginare gli sbarchi dei migranti che nell’ultimo mese hanno avuto un’impennata. Non per il fermo di Almasri, sia chiaro: le partenze erano già cominciate ben prima del suo arresto. Ma certo mantenerlo in cella a Torino avrebbe potuto aggravare la situazione. Questo quello che è passato. E che aiuta anche ad oscurare il resto: dal caso Santanché agli ultimi dati del Pil, che raccontano un Paese fermo con la cig in aumento, fino ai 44 migranti trasferiti in Albania mentre intanto a centina sbarcano sulle coste siciliane.

La politica dell’assedio permanente

A breve, anzi a brevissimo è attesa la pronuncia della Corte di appello su quel drappello di richiedenti asilo portati nel Paese delle Aquile. Se sarà identica a quella dei suoi predecessori, che ritennero non legittimo il loro trattenimento – nonostante il Governo nel frattempo abbia fatto passare una norma che dà la competenza a decidere alle Corti d’appello e non ai tribunali – sarà l’occasione per registrare una nuova puntata della guerra con le toghe. E’ la politica dell’assedio permanente e a Meloni piace giocarla fino in fondo.

Fonte: Il Sole 24 Ore