
Dal primo uomo nello spazio, fuori dalla navicella, fino al programma lunare Artemis di oggi
Fu un enorme successo, ancora una volta, dell’Unione sovietica: dopo il primo satellite artificiale, lo Sputnik, nel 1957, il primo uomo a orbitare attorno alla Terra, Yuri Gagarin, aprile 1961, e poco dopo invierà anche la prima donna nello spazio Valentina Tereskova, giugno 1965. Gli Usa stavano riguadagnando terreno, tanto che la prima passeggiata spaziale statunitense, di Edward White durante la missione Gemini 4, fu del giugno successivo, sempre 1965. La competizione spaziale fra Unione Sovietica e Stati Uniti era al massimo e la svolta a favore degli Stati Uniti si faceva sempre più vicina.
Oggi ci sembra normale che un astronauta possa uscire nello spazio, ma è un’operazione molto complessa. Di lì a poco ci furono anche tentativi, riusciti, di inviare astronauti completamente slegati dalla capsula madre, ma allora non si sapeva neppure se un astronauta poteva sopravvivere all’ostile ambiente dello spazio, pur se protetto dalla speciale tuta che viene indossata per queste attività. È il ruolo dei primi, essere più coraggiosi e anche un tantino temerari.
Chi vede, oggi, astronauti che escono dalla Stazione spaziale internazionale, probabilmente non si sofferma a considerare che la tuta che rende goffi gli astronauti è in realtà una sorta di astronave che deve proteggere da raggi cosmici e particelle del vento solare, deve assicurare ossigeno, acqua, temperatura adeguata, comunicazioni radio e altro, oltre che consentire anche i movimenti. Non è facile e infatti nella passeggiata spaziale del nostro Luca Parmitano, il 16 luglio 2013, si sfiorò la tragedia: l’impianto dell’acqua si mise a pompare fuori dai tubi previsti il liquido, rischiando di farlo affogare, e si deve al suo sangue freddo e alla sua abilità professionale se riuscì a rientrare incolume nella Stazione Spaziale.
Anche per la prima storica uscita, 12 minuti in tutto, le cose non andarono lisce. La capsula sovietica era una sfera che conteneva appena, e in posizione da fachiro, due o tre astronauti, per uscire era previsto uno stretto canale gonfiabile con funzione di chiusa d’aria, airlock, attraverso cui l’astronauta doveva passare anche per rientrare.
Qui nacque il problema: la differenza di pressione con l’esterno, mal calcolata data l’assenza dell’atmosfera nello spazio, gonfiò la tuta di Leonov, impedendogli i movimenti e quindi anche di rientrare attraverso lo stretto passaggio previsto. circa un metro di diametro e 2,5 di lunghezza.
Fonte: Il Sole 24 Ore