Dal Villaggio Globale di Riace ai Cpr dell’Albania che piacciono all’Ue. Il pressing della Corte di Giustizia europea

Mentre i sedici migranti partiti da Lampedusa e attesi in Albania arrivavano nell’hotspot di Schengjin dopo quasi tre giorni di navigazione sulla nave Libra della Marina Militare, a Riace giungeva da Padova, in bus, Stella, una giovane donna di origini nigeriane con i suoi tre bambini. Tre buste e uno zainetto come bagaglio e un pupazzo fra le braccia di Treasure, la figlia più grande, 7 anni. E se il trasferimento fino al centro albanese è costato 18mila euro per ciascuno dei migranti, dieci bengalesi e sei egiziani (in quattro peraltro stanno rientrando in Italia, due sarebbero minorenni e due soggetti vulnerabili), la donna che è arrivata nel “Villaggio Globale” della Locride – dove è tornato sindaco Mimmo Lucano, eletto anche parlamentare in Europa, dopo la sua lunga odissea giudiziaria – è stata accompagnata alla stazione dei pullman da un poliziotto che le ha fatto i biglietti: «Guarda, certe volte, Dio come assume le sembianze più inaspettate», ha commentato Lucano. Da quando è europarlamentare, mette i soldi del suo stipendio al servizio della comunità: «Così tengo aperto l’asilo e la mensa scolastica», dice.

A Riace fa tappa la marcia mondiale della Pace

«Con il costo di un solo migrante qui potremmo riattivare tutti i servizi, le case, la mensa, la scuola, l’ambulatorio medico, i laboratori, la fattoria didattica, l’orto sociale. Fare accoglienza, integrazione ed economia per il territorio. Io non mi do per vinto. Per questo, il 24 novembre – afferma il sindaco Mimmo Lucano– in occasione della marcia mondiale della pace e della nonviolenza che farà tappa a Riace, presenterò una proposta che porterò in Europa, ispirata a quella legge regionale sull’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati e sullo sviluppo sociale, economico e culturale delle comunità locali, che è nata proprio dall’esperienza di Riace. Fu approvata il 12 giugno del 2009 dalla giunta guidata da Agazio Loiero. Il nostro, quello della Calabria ionica è un territorio con l’imprinting della Magna Grecia. Fare accoglienza ci viene naturale», conclude Lucano che un anno fa è stato assolto dai reati gravissimi che gli aveva contestato la procura di Locri, a parte un’ipotesi residuale di falso relativo a una determina, con sospensione della pena.

Schiavone e i cocci dello Sprar

«Riace è stata un’esperienza virale e visionaria, capace anche di proteggere i piccoli borghi delle aree interne dallo spopolamento. Il villaggio globale di Lucano è stato un’intuizione che è andata lontano». A parlarne, individuando di quel modello anche le criticità («A Riace c’è stata una trasformazione troppo rapida e sproporzionata, che non ha seguito il tempo della Storia»), è Gianfranco Schiavone, esperto di studi giuridici sull’immigrazione. È considerato il padre dello Spar, sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, concepito agli inizi degli anni 2000 come «un meccanismo perfetto ma di cui restano solo i cocci. Avversato, compresso, cambiato nel nome, prima in Siproini e poi in Sai, oggi è svuotato di senso. Ma non del tutto cancellato», spiega, animato ancora da un pizzico di speranza.

L’accoglienza ai tempi della ex Jugoslavia

«All’inizio abbiamo elaborato le esperienze informali di chi aveva accolto i profughi della ex Jugoslavia– racconta Schiavone -. Erano gli anni ’90 e a Brescia e a Parma, ad esempio, molte associazioni cercavano alloggi e facevano raccolte fondi per i disertori della guerra in Bosnia. Questa storia non viene mai raccontata, ma invece lo Sprar era un sistema che funzionava proprio perché aveva avuto un lungo periodo di gestazione, partendo dalla guerra dei Balcani», spiega il giurista che vive a Trieste, tappa finale della rotta balcanica, «città piena di contraddizioni, divisa tra chi presta assistenza ai migranti e chi non ne vuole sapere».

Schiavone, la sinistra non ha avuto coraggio

Il problema fondamentale dello Sprar sta nel sistema binario dell’accoglienza che in Italia ne ha fatto un progetto più ampio o più limitato a seconda delle scelte dei governi, «ma sempre, in attesa di una riforma totale, con servizi di secondo livello. E anche quando nel 2015 sembrava che il decreto legislativo n. 142 volesse valorizzarlo, è rimasto tutto solo sulla carta. Era solo un esperimento burocratico, che non ha previsto il trasferimento delle competenze agli enti locali, limitato all’adesione volontaria. Nel 2018, poi, è arrivato il decreto sicurezza. E dopo, com’è noto, il decreto Cutro. Diciamo che la sinistra non ha avuto coraggio – è la lettura politica di Schiavone -, timorosa delle reazioni dei territori, mentre con un’intelligenza politica superiore la destra ha fatto leva sulla paura per lo straniero, sull’invasione dei migranti. Così è iniziata la gestione diretta dell’accoglienza attraverso le prefetture. Si sono accese le tensioni sociali e si sono creati dei veri e propri parcheggi per migranti senza più servizi. La qualità dell’accoglienza in quei luoghi non interessava più a nessuno».

Fonte: Il Sole 24 Ore