Dalla Cop26 piccoli passi per l’uscita dal carbone

C’è la Polonia, ma mancano Cina e India, come pure Stati Uniti, Giappone e Australia. Resta allora davvero molta la strada da fare per «consegnare il carbone alla storia», una delle aspirazioni della Cop26 di Glasgow. Il carbone è il maggior responsabile del cambiamento climatico. Farne a meno è ritenuto fondamentale per frenare l’aumento delle temperature, ma dirlo è molto più facile che farlo, soprattutto per Paesi che hanno ancora una forte dipendenza dalla più sporca delle fonti fossili.

Le nuove entrate

Il Governo di Boris Johnson, padrone di casa della Cop26, ha annunciato con grande enfasi che sono ora 77 i soggetti ad aver sottoscritto un patto per eliminarlo, inclusi 46 Paesi: significa spegnere le centrali a carbone e smettere di costruirne altre nel giro di 10-20 anni. Si parla degli impianti sprovvisti dei costosi sistemi di cattura e stoccaggio (Ccs) della CO2.

I nuovi soci del club sono una trentina, compresi Ucraina, Vietnam, Cile, Corea del Sud. C’è anche la Polonia e non è un passaggio da poco per il Green Deal dell’Unione Europea. Varsavia è il partner più ostico da convincere. Nel 2020, le sue centrali a carbone hanno generato il 70% dell’elettricità prodotta nel Paese. Il Governo si è rassegnato a fissare al 2049 la data di chiusura delle miniere, che impiegano in modo diretto circa 80mila persone e altrettante nell’indotto. Un portavoce dell’Esecutivo ha affermato che l’abbandono del carbone non avverrà prima del 2040.

C’è anche l’Indonesia: il ministro delle Finanze, Sri Mulyani Indrawati, ha ricordato che i Paesi emergenti hanno bisogno di assistenza finanziaria per accelerare l’uscita dal carbone. Jakarta è il più grande esportatore di carbone, dal quale ricava il 65% della sua energia.

I grandi assenti

I maggiori consumatori al mondo restano però fuori dal patto. A cominciare da Cina e India, che ospitano quasi la metà degli impianti a carbone attivi o in costruzione in tutto il mondo. Pechino si è impegnata a fermare i finanziamenti di centrali all’estero. Ma non in casa, dove la crisi energetica e la fame di crescita economica la costringe anzi ad aumentare l’estrazione. Il carbone rappresenta il 60% della produzione di energia della Cina, che ha in costruzione 95 centrali, con sei volte la capacità operativa di tutta la Germania.

Fonte: Il Sole 24 Ore