Dall’intelligenza artificiale alla sostenibilità: i “nuovi” Cfo alle prese con il processo di trasformazione aziendale

Circa un terzo ricorre ancora ai fogli di Excel per redigere un bilancio preconsuntivo, solo qualcuno di più (poco meno del 40%) conferma di avere a disposizione un budget per la digital transformation. E poi, solo uno su cinque opera in un’azienda che ha già sviluppato soluzioni che contemplano l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e il 60% ha confermato che i temi ESG (Environmental Social and Governance) fanno parte del piano strategico della propria azienda. La figura oggetto della “Survey Cfo 2024” condotta da Salone d’Impresa in collaborazione con Andaf Nord Est e ADP Italia è, come recita il titolo, il direttore finanziario e l’intento dell’indagine era quello di capire l’evoluzione ulteriore di questo ruolo in relazione alla cresciuta complessità delle organizzazioni.

La chiave di lettura della trasformazione di questa funzione risponde a uno scenario noto, che ha visto il Cfo passare da un’operatività focalizzata sulla parte amministrativa e contabile a compiti di gestione strategica di alto livello in cui confluiscono attività di negoziazione e pubbliche relazioni.

Un cambiamento che arriva da lontano

Il cambiamento, come si legge coerentemente nella nota che accompagna la ricerca, ha radici lontane, perché è già a partire dagli anni 2000 che i direttori finanziari hanno indossato gli abiti dei consulenti aziendali a tutto tondo, diventando soggetti protagonisti del business e partecipando in prima persona anche alle decisioni operative, sia di breve che di medio-lungo termine, e non più solo alle scelte di natura finanziaria. Questo ruolo di partner aziendale è però in costante sviluppo, oltre che sempre più importante nell’economia dell’organizzazione, e richiede una profonda conoscenza della strategia e del capitale umano, spiccate competenze di leadership e, non di meno, l’abilità di comunicare complessi messaggi finanziari e di collaborare efficacemente con i Ceo e gli altri esponenti della C-Suite, Hr manager e responsabili It in primis. La tecnologia, guarda caso, si è dimostrata un fattore di forte discontinuità per il lavoro e il ruolo del Chief Financiale Officer: i dati, in particolare, costituiscono il termometro da consultare in tempo reale per verificare l’andamento della produzione, il comportamento delle catene di fornitura e il livello di efficienze raggiunte, e possono aiutare i responsabili della finanza ad acquisire una prospettiva a 360 gradi su costi, benefit e struttura complessiva della forza lavoro aziendale.

I ritardi nell’innovazione tecnologica e nella cybersicurezza

Il digitale, però, non è ancora oggi una risorsa così diffusamente impiegata e lo dimostra il fatto che non siano rari i casi di imprese per molti aspetti ancora in ritardo nell’uso di tecnologie e software di nuova generazione. Stando all’indagine, infatti, il 90% dei Cfo interpellati redige un business plan o un piano strategico (l’80% predispone perlopiù un piano mensile) e sempre una buona maggioranza adotta un modello di controllo, pianifica sempre il budget, monitora i KPI e predispone forecast aziendali. Il problema è che, per gestire tutte queste attività, il 34% di loro ricorre ancora alle funzionalità di Excel e non ad applicativi dedicati. La scarsa disponibilità di fondi da investire in progetti di trasformazione digitale, che interessa poco meno di quattro Cfo su dieci, incide inoltre sulla possibilità di accedere a tecnologie come l’intelligenza artificiale, inserita nel piano strategico solo dal 34,2% degli intervistati, mentre il 58% non prevede di farne uso. Della porzione di aziende (il 21% del totale) che hanno già applicato l’AI ad alcuni dei propri processi, progetti che ricadono nell’area nell’amministrazione finanza e controllo si limitano al 20% del totale, sebbene oltre il 60% degli intervistati ritiene che l’uso degli algoritmi sia di aiuto per il proprio lavoro. E se più della metà delle imprese campionate (il 56%) implementerà soluzioni di intelligenza artificiale nei prossimi due anni, solo una minima parte (il 14%) dispone al momento di un budget dedicato.

Un altro anello debole riguarda la dotazione di sistemi di sicurezza informatica e di pianificazione del business, due aree dove si registrano ritardi. Solo il 55% dei direttori finanziari intervistati lavora infatti con una piattaforma di mappatura e di gestione dei rischi e sono ancora meno (il 34%) coloro che dispongono di risorse di spesa dedicate per i progetti di cyber security. E se poco più della metà (il 52%) utilizza degli strumenti di business intelligence e analytics per l’analisi delle vendite, dei margini e dei forecast, si ferma invece al 16% la percentuale dei Cfo che opera con strumenti di corporate performance management. Evidenti ritardi, infine, emergono anche rispetto a temi di strettissima attualità come la sostenibilità. Se oltre la metà delle aziende rispondenti hanno confermato di aver già considerato i temi ESG in una chiave strategica o di averne iniziato la valutazione dell’impatto, la figura del “sustainability manager” è presente solo nel 30% dei casi e solo un’organizzazione su tre ha previsto un budget per i progetti che hanno a che vedere con l’ambiente, la componente social e la governance. E fa specie in tal senso rilevare come il 51% dei Cfo abbia “ammesso” che tali fondi non superino i 50mila euro e come solo per il 17% la possibilità di spesa superi quota 200mila euro.

Fonte: Il Sole 24 Ore