Dan Sucu: «Genoa e il calcio, un nuovo ponte tra le economie di Italia e Romania»

Dan Sucu: «Genoa e il calcio, un nuovo ponte tra le economie di Italia e Romania»

Dan Sucu è il primo imprenditore rumeno a diventare proprietario di un club nei cinque maggiori campionati di calcio europei. Un orgoglio e una responsabilità «per offrire un volto diverso del mio paese», dice in questa prima intervista a un quotidiano italiano da quanto ha rilevato il Genoa a dicembre per poi essere nominato presidente lo scorso lunedì. «La Romania è cresciuta tantissimo. Il reddito pro capite e il Pil sono saliti più che altrove in Europa negli ultimi venti anni. Ci sono almeno altri 20 grandi imprenditori privati pronti a investire anche al mio fianco se glielo chiedessi. E non solo nello sport. L’importante per noi tutti e proseguire in questo percorso di liberalizzazione e di vera integrazione con l’Unione europea. Soprattutto oggi. Mai come da trent’anni a questa parte si percepisce la pressione esterna che arriva dalla Russia».

Il profilo

Il calcio e lo sport possono contribuire rafforzando il ponte culturale ed economico tra Ovest ed Est. Per questo Sucu immagina sinergie tra le Leghe calcistiche italiana e quella rumena («in cui mi rammarico fin qui di aver fatto poco»), come pure a livello imprenditoriale, tra la Confindustria italiana e l’associazione equivalente che raggruppa le aziende private del suo paese di cui è presidente dal 2021, la Confederația Patronală Concordia.

Sucu, nato nel 1963 a Bucarest, è a capo di un gruppo che fattura oltre 350 milioni di euro all’anno. L’asset principale è rappresentato da Mobexpert, il più grande marchio di mobili in Romania, che conta 2500 dipendenti, otto fabbriche e 26 negozi, ma è attivo anche in altri settori come il retail, l’export e il real estate, oltre ad essere il principale azionista del Rapid Bucarest e del Ziarul Financiar, il maggiore quotidiano economico del paese.

Aumento di capitale da 40 milioni

L’investimento del Genoa è stato repentino di fronte al grave fabbisogno finanziario del team, dopo il sostanziale default la scorsa estate del fondo americano 777 Partners, proprietario dal settembre 2021. Da diversi mesi Sucu era entrato in contatto con il management con l’idea di costruire una partnership con il Rapid Bucarest. Con il precipitare della situazione (e un bilancio nel primo semestre 2024 da 39 milioni di rosso), ha deciso di investire in prima persona sobbarcandosi l’aumento di capitale da 40 milioni deliberato lo scorso 14 dicembre. Un aumento non sottoscritto («e non saprei dirne la ragione») da A-Cap, la società assicurativa Usa, tra i principali creditori di 777 Parners che aveva affiancato l’attuale amministratore delegato genoano Andres Blazquez nella gestione operativa del Genoa per tentare di valorizzarlo e rivenderlo. Sucu prendendo in contropiede tutti ha inviato una lettera con un’offerta vincolante al management genoano e si è ritrovato azionista di maggioranza con il 77%, mentre il 23% delle azioni resta a 777 Partners. Una quota che potrà essere diluita con successive immissioni di capitale («come è normale in questo genere di affari»).

A- Cap adesso contesta l’operazione e minaccia azioni legali. Minacce che non preoccupano Sucu, concentrato a dimostrare con i fatti la bontà del suo progetto sportivo. «Lo sport resta il core business. Attorno al campo e ai risultati dobbiamo progressivamente rafforzare l’azienda Genoa destinata a diventare il club guida di una nuova Multi-Club Ownership che avrà subito un alleato nel Rapid Bucarest e che in futuro non potrà non avere legami con altre realtà dell’Europa, anche all’Est. Inzialmente attraverso delle partnership e poi magari con investimenti azionari. Ma questa è una strada obbligata. In futuro sarà una cosa normale. Queste sinergie permetteranno di creare valore a livello di giocatori da trovare e addestrare, per le sponsorizzazioni, il merchandising e altro. Sarà fondamentale però la presenza di un imprenditore. Vedo bene i fondi se accompagnano un imprenditore a crescere. Meno bene quando sono i soli proprietari di un club».

Fonte: Il Sole 24 Ore