Data center, in arrivo le nuove regole: permessi comunali più facili

Data center, in arrivo le nuove regole: permessi comunali più facili

Da gennaio 2025 i Data center italiani – che sono ancora identificati come generici edifici industriali – avranno il loro primo codice Ateco di riferimento, ovvero la combinazione alfa numerica che identifica l’attività economica svolta dall’impresa e che semplificherà la richiesta dei permessi presso i Comuni. Nel corso dell’anno, dovrebbe arrivare la prima legge nazionale legata a queste infrastrutture così strategiche per il Paese.

Lo racconta Sherif Rizkalla, presidente di Ida (Italian datacenter association), l’associazione italiana dei costruttori e operatori di Data center che riunisce gli attori del settore. «Questo codice Ateco, definito con l’Istat e in accordo con l’Unione Europea, per la prima volta andrà a rappresentare la gran parte delle attività che porta avanti un data center. Non viene infatti ancora riconosciuta l’attività immobiliare, dallo scouting di terreni alla due diligence, alla ricerca dell’energia per l’allacciamento alla rete. Ma crediamo che lo step finale arriverà con la legge nazionale, che scaturirà dalle proposte in discussione», aggiunge Rizkalla.

Le prospettive 2025

Il 2024 si chiude infatti con quattro proposte di legge (Azione, Lega, Fratelli d’Italia e Pd) che chiedono di riconoscere il settore e standardizzare regole e tempistiche. «Dopo una prima audizione alla Camera a metà dicembre – alla quale Ida ha partecipato insieme ad altre associazioni di categoria e aziende – siamo in attesa degli sviluppi che vanno nella direzione dello snellimento delle procedure di permessistica e della definizione di scadenze fisse. Tutto deve essere chiaro: non ci devono essere incognite per un investitore che vuole realizzare un Data center in Piemonte o in Calabria», aggiunge Rizkalla.

Oltre che per gli aspetti normativi, il 2025 vedrà evoluzioni in due macro aree: l’intelligenza artificiale e l’efficienza. «Anche grazie all’impatto dell’Ia, gli investimenti nel settore potrebbero toccare i 15 miliardi di euro entro il 2028 – continua Rizkalla –, di cui un 10-15% saranno investiti in strutture capaci di ospitare l’intelligenza artificiale, ovvero con una potenza di calcolo di 100, 150 megawatt. Oggi in Italia non ci sono strutture pronte a optare per l’Ia. Ma, dei circa 50 progetti previsti fra 2025 e 2026, da quattro a sei saranno proprio realizzati per ospitarla».

Raffreddamento e teleriscaldamento

Sull’onda di questa enorme ricerca di potenza, più si riesce a essere efficienti e a ridurre i consumi, più si diventa competitivi. Come l’Ia influirà sul design delle infrastrutture? «I Data center italiani costruiti dopo il 2019 sono già molto efficienti, con un Pue medio di 1.3 (il Pue è la misurazione dell’efficacia di utilizzo dell’energia, Power Usage Effectiveness). Nei prossimi anni mi aspetto che si affermi il raffreddamento tramite liquidi di nuova generazione, senza uso di acqua o energia (liquid cooling) che farà scendere il Pue sotto l’1.2. Poi, che tutto il calore generato dai server venga reimmesso in rete in progetti di teleriscaldamento. Quest’anno a Milano è stato presentato il data center Avalon 3 di Retelit, il primo progetto in Italia che redistribuisce il recupero di calore alle famiglie del Municipio 6. Frutto della partnership fra Retelit, A2A e Dba Group, sarà operativo dal 2026. Mi aspetto che il teleriscaldamento sia la norma per i nuovi progetti, e che anzi diventi un requisito della legge nazionale», sottolinea ancora Rizkalla.

Fonte: Il Sole 24 Ore