Decreto legislativo 231, per le imprese ipotesi di “messa alla prova”
Per semplificare, è stata ribattezzata “messa alla prova” per le aziende. In realtà non ha nulla a che fare con l’istituto previsto per la persona fisica. Più precisamente, l’ipotesi su cui sta lavorando la commissione ministeriale di riforma del decreto legislativo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa dell’ente, è una valorizzazione del modello post–factum, un modello organizzativo aggiornato dalla società alla luce delle contestazioni mosse dall’autorità giudiziaria. Una prospettiva premiale e riparativa per le imprese impegnate nella prevenzione degli illeciti: se i giudici considerano idoneo il nuovo modello presentato dall’ente, che dimostra di volersi adeguare alle prescrizioni, cadono le accuse e la società esce dal processo.
La commissione ministeriale
L’idea deve essere ancora sviluppata dal gruppo di lavoro, istituito dal ministro della giustizia Carlo Nordio e guidato da Giorgio Fidelbo, presidente della VI sezione penale della Corte di cassazione, che già anni fa indicava questa strada in un articolo.
Un itinerario che, d’altra parte, ha dato riscontri positivi in ambito cautelare. E i sostenitori ne valorizzano la maggiore incisività nella riduzione del rischio di illeciti; la salvaguardia delle imprese più attive nella prevenzione e la possibilità di aprire il sistema a nuove modalità di definizione della responsabilità penale degli enti.
Le amministrazioni giudiziarie a Milano
Un’esigenza emersa ieri anche al Palazzo di Giustizia di Milano, nel convegno promosso dall’Ordine dei Commercialisti, degli Avvocati, la Fondazione Odcec e il Tribunale, sul dlgs 231 e i protocolli di legalità nella logistica. Riguardarono questo comparto le prime inchieste con amministrazioni giudiziarie per caporalato, che hanno interessato poi l’edilizia, il delivery e da ultimo la moda. In tutti i casi, l’approccio dell’autorità giudiziaria è stato «mite».
La linea ambrosiana
Una linea ambrosiana, spiega il Presidente del Tribunale, Fabio Roia, già alla guida della sezione misure di prevenzione, «senza spodestare la governance, ma intervenendo con un programma di prescrizioni». Per salvaguardare insieme i diritti dei lavoratori e l’attività d’impresa. Nell’ultimo anno le richieste di amministrazione giudiziaria sono «aumentate», riporta Paola Pendino, attuale dirigente delle Misure di prevenzione. E se registra che le «società hanno dimostrato grande capacità di rispondere», si chiede: «possibile che dopo la prima procedura nel settore moda le altre società non si siano attivate da sé per verificare i propri modelli organizzativi?». «Spesso cosmeticamente perfetti, invece si prestano ad alimentare forme di caporalato», rincara Alessandra Dolci, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia, che ricorda il «risultato positivo raggiunto con la stabilizzazione di 2mila lavoratori da parte di un big della grande distribuzione».
Fonte: Il Sole 24 Ore