Design inclusivo per l’accessibilità digitale

Mancano pochi mesi al 2025 e poi toccherà anche alle imprese minori adeguarsi alle regole di accessibilità, come già accade per la pubblica amministrazione e le aziende maggiori. Un passaggio che richiede competenze nuove, risorse ma soprattutto un cambio di paradigma verso un design inclusivo. «C’è chi parla di design for all. Noi preferiamo design for each, nell’idea che se esiste una persona che ha esigenza specifica – transitoria o meno che sia – possiamo disegnare una soluzione per quella persona e poi lavorare per scalarla» Andrea Di Salvo, coordinatore del master in User Experience per l’Inclusive Design del Politecnico di Torino.

Cosa prevedono le regole europee

L’European Accessabilicy Act (Eaa) stabilisce che tutti gli operatori economici – fabbricanti, rappresentanti autorizzati, importatori, distributori e fornitori di servizi – dovranno garantire dal 28 giugno 2025, per rispondere alle esigenze di persone con disabilità, la conformità a requisiti di accessibilità di determinati prodotti e servizi digitali, fra cui i servizi bancari per i consumatori, i servizi e-commerce, servizi per l’accesso a media audiovisivi e servizi relativi al trasporto passeggeri. Di fatto la Pubblica amministrazione ha iniziato da tempo ad adeguarsi sull’onda de Dl 76/2020, con cui l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha emanato le linee guida sull’accessibilità per le Pa.

Quali disabilità?

Di fatto però la situazione è molto frammentata. Per le disabilità uditive la svolta è stata accelerata dalla tecnologia grazie ai sottotitoli generati automaticamente da YouTube, mentre prima era necessario un intervento aggiuntive. Sulle disabilità visive i tool di valutazione online (color checker e contrasti) danno la capacità al designer e allo sviluppatore di comprendere realmente se si è in linea o meno con i requisiti richiesti. Inoltre per i non vedenti è fondamentale che la struttura della pagina sia fruibile grazie ai header codificati: «Designer Italia e Agid hanno già dato una serie di templete precisi che basterebbe implementare, con costi minimi. Il problema è che i siti sono estremamente stratificati con contenuti che risalgono agli anni 90 e andrebbero convertiti» spiega il coordinatore del master promosso dal Politecnico assieme a Torino Social Impact, Istud Business school, Reply triplesense.

Quali sono le funzionalità più difficili?

«Bisognerebbe capire meglio culturalmente come investire sull’esplorazione delle disabilità cognitive, sulla disgrafia, sulla dislessia, sulla discalculia ecc perché sono ancora poco comprese. Ci sono widget e tool ma bisognerebbe capire quanto sono inclusivi. Questo perché la ricerca sulle applicazioni è giovane e i casi sono così diversi che è difficile fare test di usabilità comparabili e scientificamente accurati» aggiunge Di Salvo.

Che passi deve fare un’azienda?

Ma come convincere le aziende adattarsi? Soprattutto quelle di dimensioni minori su cui questo passaggio rischia di gravare di più? «Alle imprese va fatto toccare con mano quali sono le potenzialità di un prodotto digitale accessibile, app o sito che sia. Vanno mostrati esempi virtuosi e scalabili. Le persone con disabilità sono il 16% e hanno un incredibile valore culturale ed economico». Il master torinese, a cui partecipano una ventina di persone, non richiede una laurea specifica ed è frequentata anche da laureati in discipline umanistiche, in psicologia, o beni culturali. La formazione riguarda il design, fondamenti di applicazioni digitali, la gestione del progetto, del management, le discipline economiche.

Fonte: Il Sole 24 Ore