
Design, nonostante le bombe: l’Ucraina resiste anche così
«Il corpo di un mio cugino di 21 anni – ci racconta Igor, 33enne di Lviv – è stato ritrovato due giorni fa vicino al fronte, è morto a pochi giorni dal fratello 19enne, entrambi erano partiti i primi giorni di guerra». Igor, laurea in economia, terza esperienza al Salone dl Mobile, lavora per il brand Mebus, 150 addetti, di cui 30 partiti per il fronte. E anche qui la guerra ha stravolto l’organico: da sette, le donne in azienda ora sono diventate 20 e altre assunzioni sono prevedibili in futuro.
«Il mio futuro? In Ucraina senza dubbio, è il mio paese e non lo abbandono. Zelensky? Non approvo al 100% quello che fa ma è il mio Presidente, sta facendo un enorme lavoro per io mio paese. E da quello che vedo, a Trump non mi pare sia stata data una rappresentazione corretta di questa guerra, che noi abbiamo subito. Tutti noi vogliamo la pace ma dobbiamo anche tenere conto dei tanti morti che abbiamo avuto, anche nella nostra azienda: abbiamo pagato un prezzo enorme. E per cosa? Per cedere territori pensando che Putin si fermerà a quelli? E’ un’illusione».
A pochi metri c’è lo stand di Kint, giovane brand con 15 addetti sviluppato da un designer, ora partito per la guerra. «Ho tanti amici che sono al fronte – spiega Anna, 33 anni, impegnata nel marketing – e alcuni di loro sono morti. Noi cerchiamo di non fermarci e di continuare a produrre, anche se ogni notte piovono bombe. E’ dura, ma la mattina cerchi di pensare ad altro, ti svegli e vai in ufficio, cercando di mantenere una forma di normalità».
A pochi passi c’è lo spazio di Veneto, produzioni in rovere massiccio, e poi letti e materassi, 750 persone. «Le fabbriche non si sono mai fermate – ci racconta Anna, nata ad Odessa ma da sei anni in Italia – anche se i nostri uffici a Kiev sono stati bombardati, l’ultima volta tre settimane fa».
Getta lo sguardo a sinistra, alla bandiera giallo-blu firmata da Giorgia Meloni appesa alla parete, i suoi occhi luccicano. «I russi continuano a bombardare – racconta – e pochi giorni fa sono morti nove bambini, non è certo questo il modo di cercare la pace. Noi siamo orgogliosi di continuare a produrre lì, permettendo a tutte le persone che sono rimaste di poter continuare ad avere una parvenza di vita normale, uno stipendio per potersi mantenere. Zelensky? Non so se oggi verrebbe rieletto, io sono madre di tre maschi e non riuscirei a vederli partire per una guerra, forse sarebbe stato possibile cercare un compromesso prima dell’invasione».
Fonte: Il Sole 24 Ore