Difesa italiana, 9mila militari in più nella Marina, 50mila nell’Esercito: le stime dei fabbisogni

Difesa italiana, 9mila militari in più nella Marina, 50mila nell’Esercito: le stime dei fabbisogni

Il proliferare delle aree di crisi e lo scenario di un’Europa che, a seguito della strategia di Trump, sarà presumibilmente chiamata a fare di più per la sua sicurezza e al contempo mettere mano al portafoglio, ha fatto sì che dalle prime linee delle Forze armate siano giunte e giungano un messaggio chiaro: “È necessario rafforzare e potenziare la squadra”. L’ultimo, in ordine di tempo, a lanciare l’allarme è stato l’ammiraglio Enrico Credentino, capo di Stato Maggiore della Marina Militare che in un’intervista a la Repubblica avverte: per fronteggiare le nuove sfide le risorse della Marina sono sufficienti, «ma per un periodo limitato. Questo sforzo – ha chiarito – può durare per tre-quattro anni, non oltre. Le marine francesi e britannica, simili a noi come numero di navi, hanno 10mila persone in più. Noi siamo fermi a 30mila. Credo – ha aggiunto – che sarebbe opportuno aumentare l’organico a 39mila e so che il ministro Guido Crosetto ci sta lavorando perché è molto sensibile alle esigenze del personale».

Capo di Stato maggiore dell’Esercito Masiello: «Incrementare l’organico tra le 40 e le 45mila unità»

La necessità di rafforzare l’organico è stata sottolineata anche dal Capo di Stato maggiore dell’Esercito, Carmine Masiello. Intervenuto a fine gennaio in audizione in parlamento, ha ricordato che «con l’approvazione della legge 119 del 22 e del decreto legislativo 185 del 23 è stato invertito il trend di riduzione delle dotazioni organiche della difesa prevedendo un incremento di 3700 unità per l’esercito e fissando i volumi complessivi della forza armata a 93.100 unità» in riferimento «al personale militare da conseguire entro il 2033. Questi volumi risultano comunque inadeguati alle esigenze di carattere operativo e non assicurano alla forza armata la massa necessaria ad affrontare un eventuale conflitto ad alta intensità che richiede la capacità di alimentare e rigenerare le forze impiegate in combattimento». «Le limitazioni dell’attuale modello – ha poi aggiunto – appaiono evidenti se analizziamo le richieste avanzate dall’Alleanza atlantica nell’ambito degli obiettivi capacitivi 2025 e diventa ancora più significativo se confrontate con la necessità di assicurare ulteriori forze dell’esecuzione del piano militare di difesa nazionale. Per il solo conseguimento del primo obiettivo – ha spiegato Masiello – lo Stato maggiore dell’Esercito, in sinergia con il vertice interforze, ha stimato la necessità di un incremento delle dotazioni organiche fra le 40, 45mila unità rispetto alle previsioni normative vigenti definendo un modello in chiave Nato oscillante fra le 133mila,138mila unità». Masiello ha poi evidenziato che bisogna «perseguire un incremento delle dotazioni organiche esplorando il regime di pariteticità con le altre forze armate». Inoltre, «occorre ristrutturare con estrema urgenza il comparto delle forze di completamento evolvendo verso la costituzione di un bacino di forze di riserva prontamente impiegabili, in grado di espandere all’occorrenza il modello vigente, alimentare e rigenerare le forze e concorrere alle esigenze derivanti dalle operazioni sul territorio nazionale o di sostegno alla popolazione».

Il ministro Crosetto e il progetto di una riserva operativa per far fronte a conflitti prolungati

Sono tempi instabili ed imprevedibili, infatti, in cui le forze armate italiane possono essere chiamate a «difendere lo Stato in ogni momento, da ogni minaccia e per tutto il tempo necessario», ha ricordato il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenuto in audizione davanti alla commissione Affari esteri e Difesa del Senato lo scorso 7 novembre sul Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2024-2026. E perché siano in grado di farlo in maniera efficace – è stato il passaggio successivo nel ragionamento del ministro – serve aumentare gli organici e prevedere una “Riserva operativa”, in modo da «far fronte a crisi e/o conflitti prolungati». «Occorre saper difendere lo Stato in ogni momento, da ogni minaccia e per tutto il tempo necessario – ha poi aggiunto Crosetto -. Ciò richiede una capacità operativa adeguata e sostenibile nel tempo e, di conseguenza, la disponibilità di personale e capacità credibili, che assicurino deterrenza e, ove necessario, una risposta efficace».

L’ex Capo di Stato maggiore della Difesa Cavo Dragone: «Servono, come minimo, 10mila uomini in più»

Ancora prima, circa un anno fa, a sottolineare l’importanza di rafforzare gli organici è l’ex capo di Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, oggi presidente del Comitato militare della Nato. Intervenuto in quell’occasione in audizione informale presso le commissioni Difesa e Esteri di Camera e Senato, Cavo Dragone ha posto l’accento sul fatto che le forze armate italiane sono «assolutamente sottodimensionate». Servono, come minimo, 10mila uomini in più. Ma anche arrivando alla fatidica quota 170mila, secondo l’allora Capo di Stato Maggiore saremmo comunque «al limite della sopravvivenza». «Non abbiamo abbastanza uomini – ha detto Cavo Dragone -. Siamo assolutamente sottodimensionati: 150mila è improponibile, 160mila che è quello che attualmente ci è stato approvato è ancora poco, e con 170mila siamo al limite della sopravvivenza. Nell’esercito abbiamo turni di impiego massacranti. Sono cambiati i tempi, sono cambiate le minacce, e il nostro impegno è sempre più massivo. Vogliamo una difesa europea, e questo ci richiederà tanto. Ho fatto richiesta per avere più uomini. Continuerò a chiedere piu uomini fino a che non mi cacciano».

Fonte: Il Sole 24 Ore