Difesa Ue, ecco la strategia di Bruxelles per rafforzare la capacità di reazione militare

Difesa Ue, ecco la strategia di Bruxelles per rafforzare la capacità di reazione militare

L’anno prossimo saranno trascorsi 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. L’Europa festeggerà ottanta anni di pace, ma nel pieno di una nuova corsa agli armamenti. Certo, l’obiettivo è «preservare» quella pace e «la sicurezza dei propri cittadini». Ma non si può dire che questo basti a rassicurare.

Sotto la pressione sempre più preoccupante della Russia di Putin e spaventata dal rischio di un disimpegno di fatto degli Stati Uniti dalla Nato nel caso di vittoria di Donald Trump, l’Europa è costretta a scrollarsi dal torpore e tentare di superare le divisioni. Sollecitata anche dalle aziende produttrici alle prese con la difficoltà di soddisfare la domanda di armi dopo due anni di guerra in Ucraina, la proposta della Commissione europea e dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza di una nuova Strategia industriale per la difesa europea è pronta. Preannunciata dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, grande sostenitrice di questa svolta nella storia dell’Unione, salvo sorprese sarà adottata nella prima riunione del mese di marzo.

La dipendenza da fornitori extra-Ue

L’obiettivo è definire al più presto un percorso che consenta alla base industriale e tecnologica della difesa europea di esprimere il suo potenziale in termini di «prontezza di reazione», una capacità considerata «imperativa nell’attuale contesto geopolitico». Nel 2022 le spese militari degli Stati membri sono cresciute per l’ottavo anno consecutivo, raggiungendo i 240 miliardi di euro ma il 78% del materiale bellico acquistato tra l’inizio della guerra in Ucraina e giugno 2023 dai Paesi Ue è arrivato da fornitori extra europei e di questo, quasi due terzi dagli Stati Uniti. Inoltre, la produzione dei 46 più urgenti beni militari è distribuita (sarebbe meglio dire dispersa) in 23 diversi Stati membri.  

Obiettivo: migliorare la capacità di reazione militare europea

Partendo da queste analisi, la proposta dell’esecutivo Ue – di cui Il Sole 24 Ore ha preso visione – cerca di mettere ordine tra i diversi strumenti già a disposizione e individua tre parole d’ordine per migliorare la capacità di difesa militare europea e liberarsi dalle “dipendenze”. Better, together, European: bisogna investire meglio, insieme ed in Europa. Significa razionalizzare le forniture anche attraverso acquisti congiunti, sulla scia di quanto è avvenuto per i vaccini e per il gas e in stretto dialogo con gli attori industriali. A questo scopo sarebbe costituito un “Gruppo dell’industria europea della difesa di alto livello”. Ma vuol dire anche identificare «progetti di interesse comune per concentrare gli sforzi europei e i programmi di finanziamento». L’obiettivo è attivare nel giro di pochi anni progetti “nativi” europei nel campo della difesa cibernetica adeguati alle esigenze di protezione dell’Unione, un sistema integrato di difesa aereo e antimissili, un sistema di controllo spaziale e adeguati mezzi di protezione marittima e sottomarina.

Acquisti comuni e standard di interoperabilità

Per gli acquisti comuni la Commissione propone di potenziare lo Strumento europeo per gli acquisti comuni (Edirpa è l’acronimo) creato nel 2022. Tra gli obiettivi che restano in sospeso nel testo che sta circolando c’è la percentuale di acquisti comuni di materiale bellico e militare da raggiungere entro i l 2030: oggi siamo al 18%, quasi la metà dell’obiettivo fissato dagli Stati membri in sede Pesco nel 2007.

Fonte: Il Sole 24 Ore