Diffamazione dare del clandestino e dell’evasore all’immigrato

La foto di una famiglia di immigrati in attesa al pronto soccorso, pubblicata su Facebook, corredata da “didascalie” per spiegare che quella gente non paga le tasse e arriva con il barcone. Un’iniziativa che è costata la condanna per diffamazione aggravata a carico del suo “ideatore”. Le persone immortalate e messe in rete, compresi i figli minori, erano, infatti, stranieri regolarmente presenti in Italia. E con le sue espressioni – sottolinea la Cassazione – l’imputato ha attribuito alle parti offese dei fatti che, per come percepiti dall’uomo medio, sono suscettibili di incontrare una riprovazione diffusa.

Il clima di emarginazione

Una causa effetto che si era prontamente verificata. I figli della coppia erano stati cosetetti ad abbandonare la scuola e le attività sportive, perché venivano costantemente derisi dai coetanei che li chiamavano ormai “gli sbarcati”. Gli ermellini respingono al mittente le “giustificazioni” dell’autore del post incriminato, secondo il quale il suo non voleva essere un attacco personale alla famiglia che si trovava in ospedale in attese di cure per il padre, ma una critica alla politica troppo permissiva con gli immigrati a danno degli italiani. Per la Corte d’Appello invece l’imputato aveva dato dei “parassiti sociali” agli stranieri accusandoli di non pagare le tasse, pur avvalendosi del servizio sanitario, e di essere arrivati con il barcone e dunque di essere degli immigrati irregolari. Né era servito il commento di un altro utente social, che aveva spezzato una lancia in favore della famiglia immortalata facendo presente la gravità degli scritti razzisti, che prendevano di mira persone bene educate ed integrate. La replica dell’autore era stata che anche lui li conosceva ed erano arrivati con il barcone, grazie ai politici votati da chi li difendeva. La Cassazione conferma la condanna per diffamazione aggravata ed esclude che sia stata legittimante esercitata, come invece pretendeva la difesa, la libertà di pensiero e di critica.

Fonte: Il Sole 24 Ore