differenze tra Gen X, Gen Z e Millenials”
Che cosa chiedono i lavoratori italiani alle aziende? La domanda è sempre di stagione ma all’inizio del nuovo anno può assumere un significato ancora più importante. La società di ricerca e selezione di personale qualificato Hunters Group ha provato a sottoporre nei mesi scorsi il quesito a un campione di più di 1200 addetti tra i 50 e i 20 anni e la risposta che emerge dall’indagine condotta è decisamente indicativa (per quanto immaginabile): dipende dall’età anagrafica. I driver motivazionali che guidano i candidati, spiegano gli esperti, variano, ovviamente da persona a persona ma è evidente come i lavoratori più adulti che appartengono alla Gen X (i nati tra il 1972 e il 1988) desiderino maggiormente le componenti di “compensation e benefit” e come i giovani della Gen Z (i nati tra il 1995 e il 2002) vogliano lavorare per realtà in grado di garantire elevati livelli di welfare e work-life balance. Differenze, si legge ancora nella nota che accompagna lo studio, che devono assolutamente essere tenute in considerazione perché è su questi elementi che vanno costruite le strategie di “retention e attraction” dei candidati, strategie che rappresentano una base portante del successo di ogni impresa.
L’indagine ha esplorato nel dettaglio gli aspetti che i candidati ritengono più importanti per delineare il profilo di una “buona azienda” e oltre a quelli già citati meritano una menzione anche la brand reputation, il clima aziendale e soprattutto la formazione. Le priorità sono anche in questo caso diverse in funzione dell’età delle persone e un discorso diverso ancora va fatto per i Millenials (i nati tra il 1989 e il 1994), che in un caso su tre (nel 37% per la precisione) mettono in cima alla classifica dei desiderata il clima aziendale davanti al work-life balance (32%), ai benefit (17%), alla formazione (13%) e alla reputazione del marchio (1%).
Orario fisso superato
In termini generali, la stragrande maggioranza dei candidati coinvolti nello studio, indipendentemente dall’anno di nascita, hanno espresso l’aspettativa di voler lavorare per obiettivi e non con un orario fisso, modalità di impiego considerata ormai superata e causa del minor tempo e spazio da dedicare a famiglia, affetti e passioni personali. «Se analizziamo la voce di compensation & benefit – come precisa Joelle Gallesi, managing director di Hunters Group – una retribuzione competitiva è fondamentale per tutti, ma per gli esponenti della Gen Z è leggermente meno importante di un piano welfare ben strutturato. Un sistema incentivante, vedi per esempio i premi sugli obiettivi raggiunti, risulta invece discretamente appetibile per i Millenials».
Un altro parametro che riveste importanza e non va di conseguenza sottovalutato (pur non essendo vincolante ai fini della scelta professionale) è il settore in cui l’azienda opera: in una scala di valore da 1 a 5, infatti, questo attributo si attesta a 3,8 e 3,7 per le generazioni Z e X rispettivamente e a 3,4 per i Millenials, i cui esponenti (a differenza degli altri due gruppi) sembrano anche poco interessati al livello di digitalizzazione della propria impresa.
Attenzione ai valori
C’è totale (o quasi) unità di intenti, invece, per quanto riguarda la corrispondenza di valori, con tutte e tre le generazioni a confronto allineate su un punteggio di 4 in una scala da 1 a 5. Tutti i candidati intervistati, infatti, ritengono che questa peculiarità di un’organizzazione sia un elemento determinante nella scelta di un’azienda, soprattutto quando si parla di impegno per la sostenibilità, mentre è ritenuto sorprendente il fatto che la notorietà del brand pare aver perso il proprio appeal (non si va oltre un voto di 3,2).
Fonte: Il Sole 24 Ore