
Disabilità o abilità diverse? Una questione di ambiente, relazioni, linguaggio
Federica è donna, ha 35 anni, è italiana, vive attualmente a Ginevra, ha uno stile relazionale prevalentemente introverso, non ha nessuna fede religiosa, non è sposata, per il momento non ha figli ed è eterosessuale. Queste sono solo alcune delle caratteristiche visibili e invisibili che costituiscono l’identità di questa persona. L’identità di ogni essere umano è quindi costituita da molteplici caratteristiche, alcune visibili, ovvero immediatamente riconoscibili quando avviene un’interazione, e altre invisibili.
Le prime sono quelle di cui possiamo renderci immediatamente conto quando entriamo in relazione con una persona, come ad esempio il genere, l’età, l’etnia, la salute psico-fisica e le abilità. Nel caso specifico di Federica è immediatamente visibile il fatto di appartenere alla generazione Y, di essere donna e sicuramente europea. Le caratteristiche invisibili emergono invece solo nel momento in cui due o più soggetti entrano in una relazione di fiducia, di rispetto e quindi di riconoscimento reciproco. In questa circostanza le persone iniziano a condividere quello che sono, fanno, desiderano e i rispettivi bisogni perché avvertono un ambiente nel quale si sentono libere, e quindi al sicuro, di poter esprimere le molteplici dimensioni che costituiscono la propria identità (la famosa sicurezza psicologica!).
La disabilità, sempre più spesso definita con il termine abilità differenti, è una vera e propria caratteristica identitaria delle persone. Anch’essa può essere visibile o invisibile. Nel mondo 1,3 miliardi di persone hanno una disabilità. Le disabilità come le abilità sono molteplici. Si fa rifermento alle abilità/disabilità visive, uditive, cognitive, linguistiche, motorie e neurali. Le disabilità posso essere permanenti, temporanee ma anche situazionali. Una persona non vedente o senza un arto ha una disabilità permanente, una persona che si rompe una gamba o un braccio ha una disabilità temporanea, mentre una persona che entra in un bagno pubblico con un neonato e deve cambiarlo ma non trova il fasciatoio, ha una disabilità situazionale.
Edgar Morin diceva, “tutto quello che non si rigenera, degenera” ed ecco come il termine disabilità può acquisire una accezione profondamente differente, capace di aprire scenari inediti. La disabilità sino ad oggi è stata concepita come caratteristica intrinseca del soggetto, mentre possiamo concepirla in relazione all’ambiente e alle persone che interagiscono con il soggetto. Questa nuova chiave di lettura permette un salto di paradigma. La disabilità è quindi l’incapacità dell’ambiente e delle persone di soddisfare i bisogni di un soggetto che ha determinate caratteristiche.
Questa incapacità coincide con il fatto che gli ambienti e le persone non sono conformi ai bisogni che i diversi soggetti possono manifestare e quindi il mancato appagamento dei bisogni, oltre a generare un profondo senso di inadeguatezza, di fatto, rende impossibile lo scambio e l’interazione.
Fonte: Il Sole 24 Ore