Discobolo vincolato sin dal 1909, anche la base di pertinenza dovrebbe rientrare

Nei giorni scorsi il direttore Florian S. Knauß dello Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek di Monaco di Baviera ha rigettato la richiesta della base settecentesca della copia romana del II secolo d.C. della statua bronzea del Discobolo dell’artista greco Mirone, avanzata dal direttore del Museo Nazionale Romano, Stéphane Verger, chiedendo a sua volta la statua stessa, conservata al Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo.

Il ritrovamento e i suoi proprietari

La statua del Discobolo fu rinvenuta il 14 marzo 1781 a Villa Palombara sull’Esquilino a Roma, durante uno scavo richiesto dalla marchesa Barbara Savelli Palombara (1750-1826), ultima rappresentante della famiglia e proprietaria della Villa. Pochi giorni dopo la scoperta del Discobolo gli archeologi e museologi Giovanni Battista ed Ennio Quirino Visconti e più tardi Carlo Fea identificarono la scultura come una copia dell’opera dell’artista/bronzista greco Mirone citato da Plinio. Da quella stessa area, che coincideva con gli Horti Lamiani, ossia i giardini di Lucio Elio Lamia (Tamburro 2023), successivamente sono state rinvenute altre opere poi confluite nelle collezioni nazionali romane. Il Discobolo venne prima trasferito a Palazzo Massimo alle Colonne in corso Vittorio Emanuele II, proprietà del marito della marchesa il principe Francesco Camillo Massimo, dove fu esposto in una sala appositamente creata al piano nobile, e poi portato nel palazzo in via dei Coronari appartenuto alla famiglia eponima della statua, i Lancellotti-Massimo. I Lancellotti si estinsero nei Massimo nel 1865.

L’estetica dei corpi nazista

Il docu-film “Olympia” di Leni Riefenstahl – disponibile su Youtube – realizzato in occasione delle Olimpiadi cosiddette ‘naziste’ del 1936 (Curcio 2018) e presentato nelle sale il 10 aprile 1938 evoca l’estetica di corpi, esclusivamente maschili, ariani, perfetti, invincibili, senza tempo di atleti che vedono nel Discobolo Lancellotti l’ideale supremo di forza in potenza. La proprietà, con il benestare del Regno d’Italia, aveva concesso l’uso dell’immagine della statua di marmo per il documentario secondo una modalità che oggi, alla luce delle sentenze fiorentine sul David, avrebbe fatto storcere il naso a qualche giudice.

Secondo il Museo Nazionale Romano, dove il Discobolo è conservato a fianco dell’acefalo Discobolo Castelporziano, “nel 1937 Adolf Hitler aveva già inviato a Roma una Commissione speciale per l’acquisto di varie opere d’arte. Il Discobolo Lancellotti figurava in cima alla lista”. Dalla documentazione in possesso del Museo Nazionale Romano risulta come l’opera, in mano privata fosse già soggetta a vincolo dal 1909 a norma dell’articolo 5 della Legge 20 giugno 1909, n. 364 e dell’articolo 53 del Regolamento in esecuzione alle leggi 20 giugno 1909, n. 364 e 23 giugno 1912, n. 688 per le antichità e le belle arti e, pertanto, non poteva lasciare il territorio italiano in quanto di interesse culturale nazionale.

Il ruolo del Duce

Nel sito del Museo Nazionale Romano si legge di come Mussolini fece da intermediario, “forzando la mano” affinché Hitler ottenesse ciò che più desiderava. La compravendita nulla fu contestata e opposta anche dal Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Bottai, l’unico che avrebbe potuto autorizzarla, che l’anno successivo, complici queste traslazioni del patrimonio italiano, varò la Legge 1 Giugno 1939, n.1089 sulla Tutela delle cose d’interesse Artistico o Storico che rafforzava la Legge del 1909.

Fonte: Il Sole 24 Ore