Diversità, equità e inclusione nel mirino della nuova America

Diversità, equità e inclusione nel mirino della nuova America

«The cosmic object you were looking for has disappeared beyond the event horizon». L’oggetto cosmico che stavi cercando è scomparso oltre l’orizzonte degli eventi, è il messaggio che compare nella pagina diversity & inclusion sul sito della Nasa (come in diverse altre pagine di agenzie federali) dopo l’insediamento di Donald Trump e la serie di ordini esecutivi, quasi giornalieri, che hanno come oggetto le politiche di diversità. Trump ha abrogato 78 ordini esecutivi firmati da Joe Biden, tra cui almeno una dozzina di misure a sostegno dell’equità razziale e della lotta contro le discriminazioni di persone gay e transgender. È stato, quindi, da subito chiaro che fra le priorità politiche del neo presidente ci fosse lo smantellamento totale della cultura dell’inclusione, che si è andata affermando negli ultimi decenni, basata sulle azioni positive (affirmative action), vale a dire un insieme di misure volte a favorire l’accesso all’istruzione e al lavoro per le minoranze e le donne. Introdotta come risposta governativa alle discriminazioni storiche subite da gruppi diversi per etnia, genere, orientamento sessuale, età e disabilità, si è da lungo tempo concretizzata attraverso politiche, programmi e procedure che prevedono forme di preferenza nelle assunzioni, nelle ammissioni agli istituti di istruzione superiore, nell’assegnazione di appalti pubblici e in altri ambiti di welfare sociale. In questo ambito rientrano, ad esempio, le quote di genere negli organi societari oppure le quote etniche previste per le immatricolazioni nelle università. Più in generale, però, sono tutte le iniziative a favore della diversità ad essere nel mirino dei primi provvedimenti del nuovo presidente statunitense.

Il messaggio è chiaro: il presidente Trump ha promesso una società «priva di discriminazioni razziali e basata sul merito», associando però al contempo la diversità all’incompetenza, come è avvenuto in occasione dell’incidente aereo di Washington che ha visto la morte di 67 persone: «La Faa sta assumendo lavoratori che soffrono di gravi disabilità intellettuali, problemi psichiatrici e altre condizioni mentali e fisiche nell’ambito di una iniziativa di assunzioni per la diversità e l’inclusione definita dal sito web dell’agenzia» ha detto Trump, mentre i controllori aerei dovrebbero essere «geni con talento naturale». La strategia politica trumpiana ha evidentemente uno dei suoi pilastri nella lotta alla DEI (diversity, equity and inclusion): «È importante però differenziare il segnale politico dalla dimensione legale. Non è detto che tutti questi ordini esecutivi vadano a buon fine, perché il sistema statunitense ha una serie di contrappesi, che hanno consentito alla democrazia di sopravvivere alle onde della storia» osserva Carla Bassu, ordinaria di Diritto pubblico comparato nell’Università di Sassari.

I passaggi di consegne tra presidenti

Il passaggio di consegne tra amministrazioni democratiche e repubblicane ha sempre visto una serie di cambiamenti di rotta su priorità politiche diverse. E la Divisione per i diritti civili ha da sempre subito importanti cambiamenti: durante il George W. Bush, ad esempio, la divisione ha concentrato le risorse sulla lotta alla discriminazione religiosa, mentre dopo sotto l’amministrazione di Barack Obama è stata data la priorità alla prevenzione della discriminazione razziale ed etnica.

A poche ore dal giuramento come presidente degli Stati Uniti, Joe Biden firmò 17 ordini esecutivi per smantellare alcune decisioni prese dalla precedente amministrazione di Donald Trump: diede il via al processo per reintegrare gli Stati Uniti negli accordi sul clima di Parigi; rafforzò il programma a favore degli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini insieme ai propri genitori; revocò l’ordine esecutivo di Trump che limitava la possibilità delle agenzie federali, delle aziende e di altre istituzioni di tenere corsi sulla diversità e sull’inclusione; avviò la formazione di un’agenzia che si occupasse di combattere il razzismo all’interno delle organizzazioni federali; rafforzò una legge del 1964, che vietava al governo federale di discriminare le persone sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Ora tra quelli che vengono definiti “rollback”, Trump ha annullato due ordini esecutivi che Biden aveva firmato proprio il suo primo giorno in carica quattro anni prima: quello relativo all’equità razziale per le comunità e quello sulla discriminazione basata sull’identità di genere o sull’orientamento sessuale. «Questa settimana, porrò anche fine alla politica del governo di cercare di progettare socialmente razza e genere in ogni aspetto della vita pubblica e privata» ha dichiarato Trump, continuando: «Torneremo a una società che sia ’senza colori’ e basata sul merito»

La questione di genere

«Proteggerò le donne americane che loro lo vogliano o meno». Era la fine di ottobre, in pieno rush finale della campagna elettorale e Donald Trump si ergeva a difensore di tutto il genere femminile. All’insediamento del 20 gennaio ha dato seguito a quella “promessa” firmando in prima istanza un ordine esecutivo dal titolo: «Difendere le donne dall’estremismo dell’ideologia di genere e ripristinare la verità biologica nel governo federale», in cui in nome della difesa delle donne si attacca tutta la cultura di genere, il linguaggio inclusivo della comunità Lgbtq+, le iniziative e i fondi destinati ai programmi di cultura non binaria.

Fonte: Il Sole 24 Ore