Dopo Dubai, «Il Borro» di Ferragamo porta la Toscana nel cuore di Londra
Dato che la vostra famiglia ha una forte esposizione legata al mondo della moda, quali attinenze esistono tra i due segmenti? Non avete mai spinto su una linea di comunicazione o di proposta integrata?
Quando nel 1993 ci siamo dedicati al recupero de Il Borro, con il suo borgo millenario e gli oltre mille ettari di vegetazione semi dismessa, io e la mia famiglia ci abbiamo messo tutta la passione e dedizione. In particolar modo io e mia sorella più piccola, Vittoria, ne abbiamo fatto un progetto lavorativo. Io seguendo la parte di hotellerie e produzione vitivinicola, Vittoria seguendo tutta la parte di produzione biologica dell’Orto del Borro e dei vari progetti speciali. Lo abbiamo fatto, cercando di mettere da parte il nostro cognome. Il Borro ha tutte le carte per farsi strada da sé, perché è più di un resort o una meta di vacanza, è un progetto di vita. L’ospitalità è l’aspetto più noto, ma Il Borro produce vini di grande qualità, olio d’oliva, miele e ortaggi, tutto biologico. In comune con il brand Salvatore Ferragamo abbiamo la continua ricerca verso la qualità e l’eccellenza. Non abbiamo mai sviluppato una comunicazione integrata, ma collaboriamo spesso su progetti che entrambi condividiamo e che siano in linea con la propria filosofia.
Lusso e made in Italy: quali prospettive?
Credo che il made in Italy sia ancora un valore aggiunto. L’eccellenza italiana è data dall’impegno, dalla passione e dalla continua ricerca del meglio. Il “fatto in Italia” è un grande valore soprattutto all’estero e la vera sfida, forse sarà quella di farlo percepire anche all’interno.
Enoturismo, questa chimera. Quanto conterà per il rilancio di territori d’elezione come la Toscana?
Credo che l’enoturismo sia proprio uno dei primi settori che meglio ripartirà. Nel periodo di lockdown abbiamo notato come la natura si sia riappropriata di molti spazi e il livello di inquinamento dell’aria sia notevolmente calato. E le cantine, solitamente prossime ai vigneti, immerse nella natura e lontane dalla frenesia delle città, sono luogo ideale per relax e svago. Molte cantine poi oggi offrono servizi di ospitalità di alta qualità. Probabilmente anche nel 2021 registreremo una naturale flessione dell’enoturismo, che ci deve spingere a cercare nuove strade. Come azienda abbiamo avviato strategie per fare un “enoturismo digitale”, come ad esempio degustazioni virtuali e webinar, che ci hanno avvicinato ad un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo.
Su quale linea pensate di mettervi in gioco per andare oltre le tensioni del presente e giocare di ripartenza?
Sulla scia delle nuove tendenze e strettamente connessi alla filosofia aziendale stessa, stiamo lavorando tantissimo su tutti gli aspetti legati alla sostenibilità. La pandemia ci ha mostrato come l’impatto dell’uomo, o meglio il suo non-impatto, sulla natura sia importante. I mesi di lockdown hanno infatti mostrato, tra i tanti, un abbassamento dei livelli di inquinamento dell’aria, diminuzione dei consumi di energia elettrica, minor inquinamento acustico e persino il ripopolamento di animali in aree semi urbane. Quello che è evidente è che serva maggior consapevolezza e attenzione da parte di tutti nella propria routine. Preservare la Terra che ci ospita è un dovere morale, che dovrebbe guidare qualsiasi passo, non solo per noi stessi, ma anche per le generazioni future. A Il Borro ci miglioriamo ogni giorno in ogni aspetto legato alla sostenibilità, dallo sfruttamento di energie rinnovabili a un’agricoltura biologica, dal recupero delle acque piovane all’abbattimento delle emissioni.
Che prospettive vedete per l’horeca?
È innegabile, dati alla mano, che l’intero comparto abbia subito un crollo maggiore del 30%, dovuto alla flessione non solo dei consumi fuori casa, ma del comparto turistico stesso. La cosa che più rattrista è che si stima che il 10-15% dei piccoli ristoratori non abbia la forza di ripartire. All’opposto sentiamo un gran fermento imprenditoriale, come in una pentola a pressione pronta ad esplodere. In questi mesi di chiusura c’è stata da parte loro una continua ricerca per migliorare l’experience del cliente, nella ricerca di materie prime di qualità, nell’innovazione e nella messa in opera di tutti i dispositivi di sicurezza. Anche da parte del consumatore l’atteggiamento è positivo, dimostrandosi in più occasioni vicino al settore.
Fonte: Il Sole 24 Ore