Draghi: dazi inutili, Europa più vulnerabile di altri
MILANO – «Le istituzioni Ue hanno gli anticorpi» per rispondere a trasformazioni epocali e alla crisi socieconomica che l’Europa sta attraversando, ma «serve una risposta collegiale: i leader devono scegliere in maniera concorde e portare con sè gli elettori». Lo ha dichiarato l’ex presidente della Bce Mario Draghi, nel corso della cerimonia in cui gli è stato conferito il premio Ispi 2024, assegnato dall’Istituto a una figura che abbia distinto l’Italia nel mondo.
L’ex premier ha riconosciuto che il Vecchio Continente vive un momento particolare, con la leadership franco-tedesca «che si è indebolita» e con l’interrogativo di «come si porrà un’Europa più sovranista di fronte alla necessità di maggiore integrazione», ma ha sottolineato la necessità di «essere ottimisti per fare le cose» e ribadito la sua fiducia nel ruolo che potrà svolgere la Commissione europea.
Nel corso di un dialogo a tutto campo, Draghi ha toccato i principali temi del dibattito internazionale. A cominciare dal rischio di una guerra dei dazi con la nuova America di Trump. «L’Unione europea – ha fatto notare Draghi – è più vulnerabile di altri ai mutamenti delle condizioni di mercato perché è un continente più aperto, trae oltre il 50% del prodotto dal commercio internazionale. E essere più aperti vuol dire essere più vulnerabili quando gli altri cambiano le regole del gioco. È inutile alzare muri tariffari come pensano di fare gli Stati Uniti, ma dobbiamo essere pragmatici guardando settore per settore».
Quindi l’ex premier ha toccato il tema della competitività europea, oggetto del suo ormai ben noto rapporto realizzato su richiesta della Commissione europea, che ha brevemente ripercorso. «Il volume degli investimenti necessari (800 miliardi, annui, ndr) – ha detto – è importante ma marginale rispetto ad altre cinque priorità indicate: il mercato unico che ancora non c’è, l’integrazione dei mercati di capitale, la regolamentazione, la concorrenza e la frammentazione».
Inevitabile, a proposito di investimenti, parlare di debito comune, «la cui convenienza è fuori discussione» per l’ex premier, anche se bisogna mettere in conto avanzamenti molto lenti e graduali, visto che «le cose utili e ragionevoli non muovono tutti insieme».
Fonte: Il Sole 24 Ore