Draghi premiato come World Statesman: «Nessuna ambiguità con le autocrazie»
«Sono davvero commosso». Ha esordito così, con toni molto personali, il presidente del Consiglio Mario Draghi nel ricevere il premio di World Statesman, statista mondiale, dall’organizzazione per i diritti umani, la libertà religiosa, la tolleranza e la pace Appeal of Conscience Foundation a New York, dove si trova per partecipare all’Assemblea Generale dell’Onu. Commosso, ha detto: «Sono commosso specialmente dalle parole del dottor Kissinger». Dal fatto che «ha trovato il tempo per venire qui in questa occasione. Per me è un regalo, un grande regalo». A Kissinger, che ha 99 anni, è stata affidata la laudatio: ha presentato Draghi ricordando un’amicizia di lunga data, nata con la condivisione di panini in aereo decenni or sono, e rendendo omaggio tanto alle sue doti di leadership che di analisi intellettuale.
Il confronto con Kissinger sulle autocrazie
Il rapporto con l’ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger, per Draghi, ha però introdotto temi urgenti e scottanti sul palcoscenico internazionale, a cominciare dalla guerra in Ucraina fino alla sfida degli autoritarismi. «La nostra amicizia è cominciata trent’anni or sono, su un aereo, ed è cresciuta negli anni, anche se ci siamo visti poco», ha affermato. Ma «di recente, con gli eventi che sono degli ultimi dodici mesi, abbiamo avuto l’opportunità di avere in particolare una approfondita conversazione su quanto sta accadendo, forse un mese dopo l’inizio della guerra, su cosa fare ora, in seguito e su come affrontare le autocrazie».
Draghi ha articolato quella sfida nella parte conclusiva del suo intervento. L’idea stessa di lavorare assieme per il vantaggio di tutti i paesi è oggi sotto attacco, ha detto, risultato dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Questa minaccia di portare con sé «una nuova era di polarizzazione», senza precedenti dalla Guerra Fredda. E qui emerge la «questione di come confrontiamo le autocrazie» che «definirà la nostra abilità di modellare il nostro futuro comune per molti anni a venire.
L’appello alla Russia
Ha offerto una risposta: «La soluzione è in una combinazione di franchezza, coerenza e impegno. Dobbiamo essere chiari sui valori fondanti delle nostre società. Mi riferisco alla democrazia e al rispetto della legge, alla difesa dei diritti umani, all’impegno per la solidarietà globale». Ideali che «dovrebbero guidare la nostra politica estera» in maniera «prevedibile». Vale a dire «quando tracciamo una linea rossa dobbiamo farla rispettare. Quando ci assumiamo un impegno, dobbiamo onorarlo. Le autocrazie crescono sfruttando l’esitazione», le ambiguità. Infine, ha continuato, occorre essere pronti a cooperare, senza «compromettere i principi essenziali». Draghi qui ha fatto appello alla Russia, augurandosi che in un futuro «decida di tornare» al rispetto delle norme che aveva sottoscritto nel 1945.
«Solo l’Ucraina può decidere quale pace sia accettabile»
Nonostante i tempi definiti «cupi», Draghi si è detto ottimista sul futuro. Ha citato anzitutto l’eroismo dell’Ucraina come un «potente richiamo a ciò in cui crediamo, a ciò che rischiamo di perdere». E la Ue e il G7 sono rimasti uniti, assieme agli alleati, «nel sostegno all’Ucraina» anche davanti ai tentativi di Mosca di creare divisioni. Allo stesso tempo continua, ha sostenuto, il «nostro sforzo per la pace, come dimostra l’accordo per sbloccare milioni di tonnellate di cereali dai porti del Mar Nero». E se solo l’Ucraina può decidere quale pace sia accettabile, dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per favorire un accordo quando diventerà possibile».
Fonte: Il Sole 24 Ore