E-commerce, contro le frodi Iva c’è la garanzia da 50mila euro

E-commerce, contro le frodi Iva c’è la garanzia da 50mila euro

Una garanzia triennale al Fisco di almeno 50mila euro contro le frodi Iva sull’e-commerce. Garanzia che potrà essere fornita anche in titoli di Stato o garantiti dallo Stato. E debutta anche la possibilità di specifiche analisi di rischio condotte congiuntamente da Entrate e Guardia di Finanza. Nel contrasto all’evasione arriva il meccanismo attuativo di uno degli strumenti messi in campo dal decreto delegato sull’accertamento (il Dlgs 13/2024, lo stesso del concordato preventivo). L’obiettivo è quello di fissare maggiori vincoli per gli operatori extra Ue che si avvalgono di rappresentanti fiscali per effettuare acquisti e vendite intracomunitari e operano attraverso l’e-commerce. Nel tentativo di contrastare i meccanismi di aggiramento del versamento dell’Iva che ruotano intorno all’esenzione dall’imposta al momento dell’importazione della merce all’interno dell’Unione europea. Un tentativo che dovrebbe garantire a regime all’Erario un gettito di 143 milioni all’anno.

In cosa consiste la garanzia

Per questo ora il decreto firmato dal viceministro all’Economia Maurizio Leo rende operativa la garanzia che gli operatori extra Ue dovranno prestare per operare in Italia. L’asticella viene fissata in un «massimale minimo» di 50mila euro e la garanzia è «condizione necessaria per l’iscrizione della partita Iva del soggetto rappresentato nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (Vies). In pratica, chi non presta la garanzia non può operare. Si tratta in pratica di una cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato o di fideiussione bancaria o di polizza fideiussoria. Servirà a coprire 36 mesi, al termine dei quali non dovrà però essere rinnovata. La consegna dovrà essere effettuata alla direzione provinciale delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del rappresentante fiscale. Un modello già adottato per le riaperture di posizioni dopo i provvedimenti di chiusura disposti dalle Entrate sulle partite Iva «apri e chiudi».

Tempistiche e vigilanza

Proprio nel tentativo di evitare il più possibile condotte di vero e proprio dumping fiscale perpetuate attraverso l’esenzione Iva, il decreto attuativo prevede che la garanzia debba essere presentata anche dagli operatori già attualmente inclusi nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie. In questo caso, il conto alla rovescia per mettersi in regola scatterà dalla data di pubblicazione di un provvedimento su misura dell’agenzia delle Entrate: ci saranno 60 giorni di tempo, trascorsi i quali scatterà l’esclusione dall’Iva per chi non avrà depositato la cauzione al Fisco.

Più in generale il Dm fissa anche la procedura che porta ai riscontri e alle mosse successive. Nel caso in cui venga constatata la mancata prestazione della garanzia, l’Agenzia comunicherà al rappresentante fiscale del soggetto non residente, tramite posta elettronica certificata (Pec) o raccomandata con ricevuta di ritorno, l’avvio della procedura di esclusione del soggetto rappresentato dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (Vies). Passati sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione da parte del rappresentante fiscale, le Entrate passeranno all’esclusione d’ufficio della partita Iva dalla banca dati.

Per rafforzare il presidio, viene stabilita un’apposita attività di vigilanza. Il motore sarà rappresentato dalla task force tra agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza per l’analisi di rischio (la cosiddetta Uipar). Attraverso l’interoperabilità delle banche dati, verranno effettuate congiuntamente analisi «mirate a individuare i rappresentanti fiscali di soggetti non residenti in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo operanti in ambito unionale che presentano degli indicatori di pericolosità» in relazione al «corretto adempimento degli obblighi di verifica della completezza e della veridicità dei documenti prodotti dal soggetto estero». Una verifica a cui i rappresentanti fiscali sono tenuti per non incappare in una sanzione amministrativa da 3 mila a 50 mila euro.

Fonte: Il Sole 24 Ore