Ecco perché il Nordovest esiste davvero ed è fondamentale per il futuro dell’Italia

Ecco perché il Nordovest esiste davvero ed è fondamentale per il futuro dell’Italia

Il Nordovest esiste veramente? O è solo – si fa per dire – un’entità geografico-statistica? Piemonte, Lombardia, Liguria, Valle d’Aosta possono farcela a superare i rispettivi confini al di là delle dichiarazioni d’intenti che carsicamente riemergono, per proporsi unite come formidabile locomotiva di sviluppo per l’Italia tutta, come la Germania (era) dell’Europa, o tutto si esaurirà soprattutto in grandi potenzialità e numeri significativi uniti però solo nelle tabelle degli economisti e dell’Istat? Sulle cifre non ci sono dubbi, ma è sulla messa a sistema delle potenzialità che si gioca la sfida. Ed è su questa sfida che ragiona il volume “Progetto Nordovest – Milano, Torino, Genova e il futuro dell’industria italiana” (Luiss University Press) scritto da Francesco Antonioli con la prefazione di Giorgio Barba Navaretti e presentato al Salone del Libro di Torino nei giorni scorsi. Il tema del modello di sviluppo e delle prospettive della macroarea è più che mai attuale e sarà anche al centro di uno degli incontri in programma al prossimo Festival dell’Economia di Trento al LUISS Trento Cafè – Nordest e Nordovest: due idee di industria a confronto. Con lo stesso Antonioli, Paola Pilati, Valentina Meliciani, Alfonso Ruffo (il 23 maggio dalle 17.30 al Chiostro degli Agostiniani – Cortile interno).

Il mito del triangolo industriale del Nordovest, Genova-Milano-Torino risale almeno agli anni del Boom economico, ma non è mai andato molto oltre le citazioni nei libri scolastici e le statistiche, appunto. Forse il destino era segnato anche dall’acronimo infelice: GeMiTo. «Per alcuni l’ex triangolo industriale è morto e sepolto dopo i fasti del boom economico. Per altri è inutile accostare il gigante della “città-Stato ambrosiana” e delle altre ricche province con i figli piccini di un Dio minore» scrive Antonioli. Ma, è questa la tesi, non è detto che la storia debba ripetersi sempre uguale o perpetuarsi, e non è detto neppure che debbano prevalere i pessimisti. Se il buongiorno si vede dal mattino, una differenza rispetto al passato si ritrova nell’approccio degli attori industriali del territorio. «C’è qualcosa da poco in campo sugli assi metropolitani di Milano, Torino e Genova, che potrebbe favorire il cambio di passo – scrive ancora Francesco Antonioli -. Si tratta del MiToGeno, il progetto di rilancio dell’area condiviso dall’Unione Industriali Torino, Confindustria Genova e Assolombarda Milano (che riunisce anche le imprese di Monza e Brianza, Lodi e Pavia)».

Perché è importante? si chiede l’autore. Intanto, perché ci sono le cifre che ritornano: il cosiddetto “triangolo” vale ancora circa il 20% del Pil nazionale e il 60% di tutta la ricchezza prodotta sul territorio, con 730mila imprese attive che occupano 3,5 milioni di persone. E poi la macroarea rappresenta circa un quarto della popolazione nazionale, e, inoltre, ben più della metà di tutte le aziende della componentistica auto (1.311 imprese sulle 2.167 della componentistica e dei servizi di mobilità). Ma se per qualcuno i numeri possono essere freddi ecco che questa volta la chiave di volta sta nell’approccio: «Il MiToGeno è partito usando un registro diverso e appropriato», con il «desiderio di superare la logica miope e conflittuale della “cinta daziaria”». Durante il boom economico «l’alleanza dell’allora triangolo industriale venne chiamata “GeMiTo”. Nomen omen, quasi un presagio: il lamento sommesso» ricorda Antonioli. «Adesso, invece: “MiToGeno”, proprio come l’aggettivo. Mitogeno: cioè chi è capace, ci ricorda il Devoto-Oli, di determinare o stimolare la mitosi, ovvero un processo di riproduzione delle cellule; insomma, un fattore di crescita. Decisamente meglio, già solo da questo punto di vista».

Attraverso esempi, case-history, grandi progetti (alta velocità, Terzo valico, retroporti), sinergie virtuose già in campo, Francesco Antonioli anche con l’aiuto di voci autorevoli dei territori, ragiona sulle grandi potenzialità – come ad esempio il gigantesco tema dell’Intelligenza artificiale – ma anche sui rischi per non ritrovarsi in uno scenario da eterno “giorno della marmotta” dove tutto si ripete sempre uguale senza vie di scampo se non grazie a un miracolo.

Antonioli ha chiamato diverse personalità a ragionare se e perché il Nordovest sia importante per il resto del Paese: si va da Roberto Repole (arcivescovo di Torino e vescovo di Susa) a Gian-Maria Gros Pietro (presidente del Consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo), da Giorgio Metta (direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia) a Donatella Sciuto (rettrice del Politecnico di Milano) solo per citarne alcune.

Fonte: Il Sole 24 Ore