Ecco perché il vino è in forte difficoltà, ma l’Italia sta meno peggio di altri
Il settore del vino è in difficoltà. Gli scambi internazionali sono calati sia in quantità che in valore come avvenuto negli ultimi decenni solo in coincidenza con la crisi finanziaria del 2008 o con l’emergenza Covid del 2020. I consumi, soprattutto internazionali stanno cambiando, privilegiando vini più semplici e meno strutturati e con un minore contenuto alcolico e il settore ancora non si è del tutto adeguato.
Unica, magra consolazione: l’Italia sta rispondendo alle difficoltà meglio dei principali competitors. È quanto emerge dal report “Situazione congiunturale del settore vino in Italia nel 2024 ed esigenze rispetto alle traiettorie future” realizzato da Ismea.
«In Italia il settore vitivinicolo – si legge nel report – pur confermandosi uno dei più dinamici all’interno del panorama agroalimentare italiano, sconta un periodo particolarmente complesso legato da una parte agli impatti dei cambiamenti climatici, e dall’altra a una domanda finale, nazionale e internazionale, in rapida evoluzione. In un trentennio la dimensione del mercato domestico si è sostanzialmente dimezzata, di riflesso alla stagnazione demografica e all’incompleto ricambio generazionale dei consumatori, facendo orientare in modo crescente numerose aziende, di tutte le dimensioni, verso il mercato estero. Anche la domanda mondiale di vino, tuttavia, dopo un ciclo di crescita quasi ininterrotto, caratterizzato anche da un progressivo orientamento verso produzioni di maggior pregio (premiumisation) sta mostrando nel periodo più recente importanti segnali di rallentamento. Nel 2023 per la prima volta nel nuovo secolo, escludendo gli episodi recessivi coincidenti con la crisi finanziaria del 2007-2008 e con l’emergenza Covid del 2020, gli scambi mondiali di vino si sono ridotti sia in volume che in valore».
«In questo scenario – continuano a Ismea – la performance dell’export vinicolo nazionale, pur registrando nel 2023 una flessione, è risultata migliore rispetto agli altri competitor. La tenuta degli acquisti dall’estero ha confermato l’Italia primo esportatore in volume, davanti a Spagna e Francia, e secondo in valore dopo la Francia, con un rafforzamento del suo ruolo soprattutto nel segmento della spumantistica. Nel 2024 i dati fini qui disponibili sembrano confermare la situazione di stallo del commercio estero mondiale».
Alle incertezze legate al quadro economico e geopolitico, si sommano i cambiamenti dei paradigmi nei consumi mondiali: maggiore interesse per gli spumanti e i vini a basso contenuto alcolico, minore domanda di vini rossi, maggiore polarizzazione dei prezzi e un’attenzione crescente agli aspetti salutistici e di sostenibilità ambientale. Questi mutamenti impongono ai paesi produttori una riflessione strategica per adattarsi alle nuove dinamiche di mercato.La contrazione dei consumi interni, unita a una domanda estera che non si sviluppa secondo le aspettative di qualche anno fa, ha fatto aumentare le giacenze delle cantine nazionali che con 50 milioni hanno superato la produzione nazionale (40).
Fonte: Il Sole 24 Ore