Ecosistema urbano, il clima estremo si abbatte sui primati dell’Emilia-Romagna

«Dobbiamo prendere atto che ormai basta una giornata di pioggia con queste intensità per mettere nuovamente in ginocchio il territorio». «La rete dei canali non è più adeguata, non per precipitazioni di questo tipo».

Affermazioni provenienti da amministratori locali dopo la quarta alluvione che in meno di un anno e mezzo ha colpito l’Emilia-Romagna. Sei tra le città che rappresentano la regione figurano tra le prime 12 nella classifica generale di Ecosistema urbano, elaborata da Legambiente e Ambiente Italia. Bologna, ottava, è la prima “metropoli” cui è riuscito di entrare nella top ten. Già, proprio Bologna, che circa dieci giorni fa ha visto le proprie strade finire in buona parte sott’acqua. Torrenti interrati hanno sfondato le coperture e provocato danni ingenti a privati e aziende. Qualcuno, per rendere l’idea, ha fatto un paragone: come se in una vasca da bagno si fosse riversato il contenuto di un’autobotte.

Di «fatti inusuali» per queste aree parla anche Armando Brath, ordinario di Costruzioni idrauliche, marittime e idrologia all’ateneo bolognese, nonché presidente dell’Associazione Idrotecnica Italiana. «In base ai dati storici in nostro possesso – spiega – era ipotizzabile che una sola alluvione come quelle che hanno colpito la regione si sarebbe potuta verificare ogni 200 anni o più. Naturalmente c’entra il cambiamento climatico, ma la debolezza del territorio è dovuta anche a una serie di concause. E non parlo affatto della sola Emilia Romagna, né di un periodo da circoscrivere agli ultimi anni. Si tratta di andare ben più indietro, almeno fino agli anni 60 del secolo scorso. Direi che addirittura da secoli si sono sottratti spazi ai fiumi, diventati stretti nastri che attraversano il territorio, talora persino tombati nei centri urbani, poi c’è da fare i conti con un consumo del suolo che in Italia è quasi più del doppio della media europea e con lo spopolamento dei territori montani, dove l’opera dei contadini era molto importante dal punto di vista idrogeologico».

Che cosa si può fare, allora, per innalzare il livello di protezione del territorio? «Occorre mettere mano a interventi complessi, che possono richiedere molto tempo. Allargare il letto dei fiumi, nei pochi punti in cui è possibile farlo in aree antropizzate, creare casse di espansione, invasi montani, scolmatori di piena e, ove non sufficiente, pianificare aree di allagamento controllato in zone di minor pregio. Ci vogliono anche più risorse, ma teniamo presente che in Italia, negli ultimi 25 anni, ogni anno si sono spesi circa 3,5 miliardi di euro per riparare danni e costruire “ex post” opere di messa in sicurezza, e non più di 300-350 milioni per la prevenzione».

Ci sono numerosi indicatori dell’indagine di Legambiente in cui le città emiliano-romagnole fanno registrare una storica prevalenza… «Questo conferma che sul piano ambientale la regione non ha più carenze della media, anzi. Ma a questo punto anche un parametro dedicato alla protezione idrogeologica sarebbe da considerare utile e attuale».

Fonte: Il Sole 24 Ore