Edvard Munch, l’imperdibile grido dell’artista riecheggia a Palazzo Reale

Ha dissezionato come pochi l’animo umano sintetizzando in pittura il solo necessario, rielaborando con una palette strabuzzante l’elemento autobiografico e diaristico fino alle imperiture e angosciose vette dell’universale. Perché Edvard Munch, per dirla con le sue soppesate parole, “come Leonardo da Vinci analizzava gli organi interni del corpo umano e dissezionava i cadaveri, io tento di dissezionare l’anima”.

E ancora “ Io non dipingo dalla natura, prendo da essa, o mi servo alla sua ricca tacola. Non dipingo ciò che vedo, ma ciò che ho visto”.

Pittore degli spazi liminali della mente, i suoi celeberrimi Vampiro, Madonna e su tutti l’iconico L’urlo hanno connotato per sempre la storia dell’Arte e l’immaginario. Il Palazzo Reale di Milano ospita fino al 26 gennaio l’imperdibile retrospettiva “Munch. Il grido interiore”, dedicata al grande artista norvegese nato nel 1863 e scomparso nel 1944.

Munch Museum di Oslo

Attraverso l’eccezionale prestito di un centinaio di opere provenienti dal Munch Museum di Oslo la mostra narra con dovizia il denso e tragicamente segnato percorso umano dell’artista affrontando le complesse tematiche della sua poetica, segnata dalla memoria e dal suo ridestare sensazioni ed emozioni prima immagazzinate e poi tradotte sulla tela; di più, analizza l’attenzione spasmodica del norvegese per la rappresentazione e percezione visiva, ponendo l’accento sulla sua sintesi che è psicologica e artistica, sempre in una affannosa soggettiva, dolorosa, ansiogena e stordente se non allucinata, di sovente venata d’occultismo.

“L’Urlo”

Tra le opere in mostra segnialiamo alcune versioni litografiche de “L’Urlo” del 1895, “La morte di Marat” del 1907, “Notte stellata”, “Le ragazze sul ponte”, Malinconia” e “Danza sulla spiaggia” del 1904.

Fonte: Il Sole 24 Ore