Elettricità, perché in Italia costa di più rispetto agli altri Paesi
«In Italia i costi dell’inefficienza burocratica si ribaltano sulle bollette, soprattutto per quanto riguarda le rinnovabili: abbiamo iter autorizzativi estremamente complessi e lunghi, oltre due anni per un impianto fotovoltaico, oltre cinque per uno eolico. Una larga parte delle istanze autorizzative viene rigettata. Ultimamente si stanno mettendo nuovi vincoli sulle aree del Paese. Nell’idroelettrico c’è ancora il nodo delle concessioni. Tutto questo da una parte rallenta la diffusione rinnovabili, dall’altro è un costo. Il 20% del costo d’investimento complessivo di un impianto è burocrazia. Un valore che si riflette sui prezzi dell’energia. Vogliamo abbassare le bollette? Rendiamo la vita più semplice a chi deve installare impianti».
Marco Carta, amministratore delegato della società di consulenza Agici, mette l’accento su un aspetto particolare, su cui si potrebbe concretamente lavorare, per cercare di risolvere il problema italiano di costi dell’elettricità più alti rispetto agli altri Paesi concorrenti europei. «La Francia ha il nucleare, la Spagna ha autorizzato molto e costruito molto, il Nord Europa ha una penetrazione altissima di rinnovabili, idroelettrico soprattutto, mentre la Germania, in uscita dal carbone e dal nucleare, è la più simile a noi, con un’alta esposizione al gas», sintetizza Carta.
I prezzi dell’Europa
Il contesto rimane quello di un continente, l’Europa, in cui i prezzi dell’elettricità sono particolarmente elevati. Sono dovuti alla dipendenza da combustibili fossili, soprattutto importati, a loro volta facilmente influenzati da molteplici variabili, a partire da quelle geopolitiche. «Non solo da ora l’Italia si caratterizza per prezzi maggiori rispetto ai principali competitor. Abbiamo un mix fortemente sbilanciato sul gas, una tecnologia che con l’attuale sistema detta il prezzo elettrico nella maggioranza del tempo. Non è un caso che nei Paesi con maggiore sviluppo di rinnovabili, per esempio quelli nordici, hanno bollette più basse». E il meccanismo dei prezzi zonali che dal 1° gennaio 2025 ha sostituito il Pun (prezzo unico nazionale) – dopo una prima fase transitoria che mette in campo strumenti perequativi – dovrebbe spingerne maggiormente la penetrazione.
A dicembre 2024 il prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità in Italia è stato di 135 euro al MWh, contro i 108 euro della Germania, i 32 dell’area scandinava, i 111 della Spagna e i 98 euro al MWh della Francia (fonte Gme). Negli ultimi anni i valori medi italiani si sono mantenuti superiori rispetto agli altri Paesi: i valori del 2024 fotografano l’Italia a 108 euro al MWh, la Germania a 78, l’area scandinava a 36, la Spagna a 63, la Francia a 58. Nell’anno della crisi energetica, il 2022 dei prezzi del gas alle stelle, gli aumenti sono stati generalizzati, ma il nostro Paese ha mantenuto il primato: il valore medio annuale in Italia si è cristallizzato a 304 euro al MWh, in Germania a 235, nell’area scandinava a 136, in Spagna a 167, in Francia a 276.
Prospettive: il disaccoppiamento
Secondo Carta, i fronti su cui lavorare, oltre alla riduzione del peso della burocrazia, sono quelli degli investimenti per l’indipendenza energetica – e quindi la riduzione dell’import – e il disaccoppiamento tra il prezzo del gas e quello dell’elettricità: «L’idea dell’autoproduzione e delle comunità energetiche rinnovabili va in questa direzione, i Ppa pure: la logica è quella di tagliare il cordone dalle fluttuazioni del gas, installando tecnologie con costi variabili zero. Si tratta di un tema che prima o poi bisognerà affrontare, a partire dal punto di vista legislativo».
Fonte: Il Sole 24 Ore