Elezioni in Francia, ecco perché Le Pen può essere un pericolo per Meloni
L’entusiasmo di Matteo Salvini, il silenzio di Fratelli d’Italia: è molto diversa la reazione che arriva dalla destra italiana nelle ore successive alla notizia della vittoria di Marine Le Pen. Una differenza che è politica e destinata a riflettersi sugli equilibri all’interno della maggioranza, in Italia come in Europa.
Già perché le elezioni in Francia avvengono parallelamente all’avvio della nuova legislatura europea e della trattativa sulla selezione del nuovo esecutivo Ue che sta conducendo anche Giorgia Meloni alla ricerca di un portafoglio adeguato «al peso che spetta all’Italia». E certo i toni belligeranti del suo vicepremier, che anche domenica 30 giugno è tornato ad attaccare Ursula von der Leyen, non l’aiutano. E ancor meno il tifo del leghista per il nuovo gruppo di estrema destra dei “patrioti” a cui stanno dando vita l’ungherese Viktor Orban e l’austriaco Herbert Kickl, numero uno del Partito delle Libertà e con l’ambizione di conquistare in autunno la premiership, assieme all’ex premier ceco Andrej Babis . Un gruppo che al momento ha come punto di riferimento l’avversione per von der Leyen e un atteggiamento benevolente invece nei confronti di Vladimir Putin.
Atteggiamento che trova terreno fertile anche in casa Lega e in Le Pen. Per ora la leader di RN – alle prese con il ballottaggio del 7 luglio – evita di esporsi anche per non spaventare quell’elettorato gollista moderato che è pronto a schierarsi in favore dei suoi candidati. A parlare però ci pensa Salvini. «Vogliamo allargare il più possibile il perimetro di un gruppo forte, patriottico, coeso e contrario a inciuci», l’auspicio del leader leghista che conta – attraverso la sua alleata transalpina – di incrementare il suo peso politico. Se infatti fino a ieri tanto per i suoi avversari che per i suoi alleati, la queen maker della destra era Giorgia Meloni, da domani il testimone potrebbe passare verosimilmente a Le Pen. A maggior ragione se il gruppo dei Conservatori (Ecr), di cui Fdi è la principale delegazione, dovesse perdere la terza posizione appena conquistata.
Nei prossimi giorni (entro il 3 luglio) l’ex premier polacco Mateusz Morawiecki dovrà decidere se i 20 deputati del Pis resteranno o meno nell’Ecr o invece approdare nella formazione di Orban nonostante le distanze sulla Russia di Putin. La partita comunque è destinata a proseguire almeno fino al 18 luglio quando l’Europarlamento si pronuncerà sul bis di von der Leyen. Da Palazzo Chigi neppure uno spiffero. L’altro vice, Antonio Tajani, che è anche leader di Forza Italia e vicepresidente del Ppe, lavora per far convergere i meloniani sulla conferma della presidente uscente della Commissione. Su di lui gli strali dei leghisti. Ma è chiaro che l’obiettivo vero è un altro.
Fonte: Il Sole 24 Ore