Energia green, «è inutile competere con la Cina». Parla Birol, direttore Aiea
L’energia pulita conquista sempre di più il favore degli investitori, attirando ben due terzi dei 2.800 miliardi di dollari destinati quest’anno al settore a livello mondiale. Nel solare, ormai protagonista assoluto, viene speso addirittura un miliardo al giorno: per la prima volta nella storia più che per sviluppare l’offerta di petrolio. Le stime sono dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), che ora esorta a sfruttare il momento favorevole, evitando però di disperdere le forze in una vana rincorsa della Cina.
«Competere su ogni singola tecnologia non va bene», avverte Fatih Birol, direttore dell’Aie, intervistato dal Sole 24 Ore. E proprio l’energia fotovoltica è uno di quei settori in cui «Pechino è ormai di gran lunga il player dominante. Pensare che l’Europa possa riuscire a sostituirlo o a sottrargli una grande quota di mercato non è la strategia corretta».
Meglio piuttosto da un lato collaborare e dall’altro percorrere strade diverse, che non ci vedano sconfitti in partenza: nel caso della Ue, secondo Birol, «puntare ad esempio sulle tecnologie per l’eolico offshore, sugli elettrolizzatori per produrre idrogeno, sulle pompe di calore».
Scala globale
Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del resto bisogna pensare su scala globale. «Quando si guarda alle tecnologie pulite – ricorda Birol – ci sono due aspetti: uno è la diffusione e l’altro lo sviluppo della filiera produttiva, che si tratti di pannelli solari, turbine eoliche, batterie o altro. La diffusione sta aumentando molto in fretta in giro per il mondo, ma in termini di capacità di produzione la Cina ha assunto un enorme ruolo dominante». Impossibile ignorare alla realtà.
Serve quindi «un lavoro a due dimensioni», secondo il direttore dell’Aie: «Da un lato riconoscere come un fatto la posizione dominante di Pechino in alcuni settori e trovare politiche realistiche, che ci permettano di interagire. Al tempo stesso bisognerebbe che ciascuno focalizzasse meglio le strategie, perché molti Paesi oggi stanno cercando in parallelo di sviluppare una propria filiera, con forti politiche di sostegno in Europa, negli Usa, in Giappone e anche in alcuni Paesi emergenti, come l’India e la Cina stessa».
Fonte: Il Sole 24 Ore