Energia, primi rimborsi alle imprese su vecchie addizionali provinciali
Per il mondo delle imprese italiane, potenzialmente decine di migliaia dalle big alle pmi, spunta una possibile “via breve” per la restituzione dell’addizionale provinciale alle accise sull’energia, introdotta nel lontano 1988, abrogata nel 2012 e infine giudicata illegittima dalla Corte di Cassazione a fine 2019. Una possibile svolta che arriva in una fase a dir poco calda sul fronte dell’energia, con i prezzi di elettricità e gas saliti alle stelle per la crisi russa e le aziende del nostro Paese che stanno pagando un conto salatissimo in bolletta e, di riflesso, in bilancio. I numeri in ballo non sono trascurabili, anzi. Secondo alcune stime di Confindustria, l’imposta non dovuta e pagata nel 2010 e 2011 – gli unici anni che potevano sfuggire alla mannaia della prescrizione decennale – varrebbe infatti complessivamente 3,4 miliardi di euro.
Il tema vero, a maggior ragione in un momento del genere, è ottenere in tempi celeri i rimborsi dalle aziende energetiche che in sostanza hanno agito da intermediari, riscuotendo la tassa in bolletta per poi girarla allo Stato. Ecco dunque l’importanza della strada innovativa, dal punto di vista legale, aperta dal gruppo Leonardo che, assistito dallo studio legale milanese Giovannelli e Associati, ha scelto di avviare nei confronti del fornitore di energia dell’epoca il cosiddetto “procedimento monitorio”. Qual è la novità principale rispetto al passato? Fino ad oggi, come riportato da Radiocor, le altre cause in materia erano state intentate scegliendo la strada del giudizio ordinario, che richiede – per avere indietro il “mal tolto” – la celebrazione dell’intero processo, ovvero sia almeno un anno e mezzo. Il procedimento monitorio, invece, prevede fin da subito un decreto ingiuntivo che, ove non impugnato, diventa definitivamente esecutivo già dopo 40 giorni. In caso contrario, come per Leonardo, alla prima udienza si può comunque chiedere al giudice la provvisoria esecutività dell’ingiunzione stessa. In sostanza, nel giro di qualche mese l’impresa può ottenere la restituzione dell’accisa in attesa poi della sentenza definitiva, che per il gruppo della difesa è arrivata nelle scorse settimane, con il Tribunale di Roma che ha sancito la legittimità delle sue richieste.
Nella causa vinta da Leonardo, più che l’entità del rimborso ottenuto (poco rilevante per un colosso internazionale che fattura oltre 14 miliardi l’anno), conta evidentemente il valore simbolico, che offre così un invitante assist alla vasta platea delle imprese italiane. «Il Tribunale di Roma ha sancito che l’utente finale non soltanto può agire nei confronti del fornitore per la ripetizione dell’indebito, ma può farlo, e qui sta la portata innovativa della pronuncia, con un ricorso per ingiunzione, riuscendo a ottenere in tempi più rapidi un titolo esecutivo, salvo evidentemente l’esito dell’eventuale impugnazione», riassumono gli avvocati Gianni Roj e Stefano Traniello (entrambi dello studio Giovannelli e Associati) che hanno seguito l’intero procedimento.
Un tema chiave è ovviamente la prescrizione decennale. L’accisa regionale è stata abrogata a partire dal 2012 e dichiarata illegittima dalla Cassazione a fine 2019. Da quel momento le imprese, sensibilizzate sul tema da Confindustria, si sono mosse sugli esercizi 2010 e 2011: resta da vedere quali e quante aziende si sono rese conto della possibilità di ricorrere in giudizio e si sono mosse di conseguenza. Giuridicamente parlando, occorre avere avviato l’azione di recupero o avere notificato tempestivamente un idoneo atto di interruzione della prescrizione.
L’aspetto più rilevante è che oggi le imprese hanno potenzialmente a disposizione una leva per ottenere i rimborsi legati all’addizionale provinciale alle accise sull’energia in tempi più brevi. Resta da valutare quello che potrebbe essere l’impatto di una potenziale ondata di ricorsi sui bilanci dei fornitori di energia (alcuni oggi estremamente solidi, altri messi in crisi dall’esplosione del circolante) che a loro volta si rifaranno poi sullo Stato. Proprio lo Stato, fanno notare alcuni osservatori, a valle della pronuncia della Cassazione avrebbe dovuto approntare un adeguato meccanismo di rimborso alle imprese, in modo da evitare a quest’ultime spese legali che, in caso di successo, possono raggiungere percentuali rilevanti(in alcuni casi fino al 40% dell’importo) delle imposte ingiustamente versate.
Fonte: Il Sole 24 Ore