Energy drink e toniche tengono a galla le bevande

Energy drink e toniche tengono a galla le bevande

La pandemia ha alleggerito il carrello della spesa delle bibite analcoliche, per cui l’anno scorso gli italiani hanno speso oltre un miliardo di euro. Se il 2021 si era chiuso con una lieve crescita in volume (+1,8% sul 2020 secondo Iri), quest’anno le vendite in Gdo sono stabili e così, secondo Assobibe, i volumi restano inferiori del 5% rispetto al pre-Covid. In compenso la ripresa della vita sociale e il rilancio del turismo (in particolare di quello internazionale) stanno spingendo le vendite nel canale fuoricasa, dove i volumi hanno superato del 2% quelli del 2019.

Scontato in un’estate tanto torrida? «Non necessariamente. Infatti le temperature molto alte – spiega Giangiacomo Pierini, presidente Assobibe –scoraggiano i consumi di bibite gassate e li dirottano su altri prodotti, come le acque minerali o il tè freddo (che nelle rilevazioni di mercato non rientra tra i soft drink, ndr). Determinante è l’impatto degli stranieri, che si legge nel trend molto positivo di acque toniche ed energy drink».

Nel 2021 le toniche hanno aumentato del 15% le vendite in Gdo (arrivando a sfiorare i 40 milioni di euro) e del 47% quelle nell’horeca (fuori casa), recuperando i valori pre-pandemici (dati Iri). La loro riscoperta è partita dal mondo della mixology ed è stata sostenuta dagli investimenti delle aziende, che hanno esteso e riqualificato l’offerta in Gdo, con prodotti premium e ben segmentati, ampliando e affollando gli scaffali (forse troppo, dicono gli addetti ai lavori).
«In pochi anni abbiamo raddoppiato le vendite e nel 2022 contiamo di fare un 50-60% in più rispetto all’anno scorso», afferma Filippo Colombo, country manager di Fever-Tree, brand leader nei mixer di fascia premium. Anche gli energy drink continuano a correre veloci. Dopo le crescite a doppia cifra registrate nell’ultimo quinquennio, nel 2021 hanno migliorato gli incassi annui in Gdo del 37% superando i 107 milioni di euro. E quest’anno, a giugno, si sono confermati i numero uno per crescita nel mondo delle bevande, con il 33,4% di volumi venduti in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno, secondo NielsenIQ.

Che si tratti di un mercato “caldo” lo confermano i tanti nuovi lanci di prodotto, che sono riusciti ad espandere il mercato senza penalizzare i brand esistenti. Se Red Bull conserva la leadership, la platea dei competitor continua ad affollarsi. Tanti i nuovi arrivi, come Lemonsoda (che ha lanciato Energy Activator) e San Benedetto, entrata da poche settimane in questo segmento con due prodotti diversi per caratteristiche e target. L’innovazione è una leva determinante nel mondo delle bibite e lo rende sempre più ricco e segmentato. E battagliato. Da un lato ci sono i produttori “storici”, impegnati ad adattare la loro offerta alle nuove esigenze dei consumatori (che cercano salutismo e naturalità); dall’altro i nuovi competitor che arrivano da mondi diversi e offrono bevande alternative che stanno avendo un buon riscontro, come frullati e smoothies, latte di mandorla e acque arricchite.

«Le nostre aziende investono molto in innovazione in termini di lancio di nuovi prodotti e di riformulazione di quelli esistenti – sottolinea Pierini – come l’impegno nella riduzione del contenuto di zuccheri con la sottoscrizione di un protocollo con il ministero della Salute e con il risultato, a fine 2022, del taglio del 37% di zuccheri ottenuto nell’arco di un decennio». Novità apprezzate dagli italiani visto che, grazie a un’escalation costante, oggi una cola su quattro venduta in Gdo ha un ridotto o nullo apporto di calorie o zuccheri e che nel 2021 le vendite sono aumentate dell’11%. A far concentrare le aziende di soft drink sul taglio degli zuccheri c’è anche la mannaia “sugar tax”, che dovrebbe entrare in vigore a gennaio 2023 aumentando la pressione fiscale del 28% . «Una prospettiva preoccupante che si inserisce in una congiuntura già difficile – spiega Pierini – con l’esplosione dei costi produttivi e il difficile reperimento della CO2 che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di molte aziende, soprattutto delle Pmi, pari l 64% del settore».

Fonte: Il Sole 24 Ore