Enti locali, negli investimenti 2024 balzo a quota 22,3 miliardi (+19,3%)

Enti locali, negli investimenti 2024 balzo a quota 22,3 miliardi (+19,3%)

L’effetto del Pnrr

Questa pioggia di cifre, calcolata sulla base del cervellone telematico del ministero dell’Economia (il «Siope») che registra in tempo quasi reale le entrate e le uscite effettive di tutte le Pa, hanno spiegazioni diverse ma un tratto comune. Perché la crescita generalizzata, e intensa, degli investimenti pubblici va letta prima di tutto come figlia del cambio di fase del Pnrr, che l’anno scorso ha cominciato (finalmente) a passare davvero dalla teoria ai fatti, o per meglio dire dalla complessa preparazione fatta di progetti e bandi alla pratica delle realizzazioni concrete. Ma per i Comuni non c’è solo il Pnrr: conta la capacità autonoma di generare spesa per investimenti anche fuori dal Next Generation Eu, cresciuta negli anni dopo l’addio al Patto di stabilità interno.

Strade, scuole, sport

In termini pratici, infatti, la spesa per investimenti fissi lordi dei sindaci si traduce in primo luogo in infrastrutture stradali, che sono escluse dai criteri ambientali del Piano ma con i loro 4,2 miliardi (+9% sul 2023) sono la voce più ampia. Dove alla dinamica naturale si affianca la benzina dei fondi Ue l’accelerata è maggiore: la spesa per l’edilizia scolastica, 2,99 miliardi, segna un +50,7% sull’anno prima, quella per il resto del mattone pubblico arriva a 2,86 miliardi (+19,5%) e agli impianti sportivi vanno 1,3 miliardi (+34,4%).

I dati complessivi sulla spesa del Pnrr non sembrano in verità suggerire uno straordinario cambio di passo: perché il 2024, ancora in attesa dei numeri definitivi che dovrebbero essere comunicati dal Governo nelle prossime settimane, ha registrato uscite effettive intorno ai 21-22 miliardi, replicando nella sostanza il dato dell’anno prima.

A cambiare progressivamente è però la natura di questa spesa: che nei primi anni del Piano è stata dominata dai crediti d’imposta automatici, compreso il Superbonus a cui il Pnrr ha dedicato 14 miliardi, mentre ora si sta spostando sugli investimenti pubblici. Morale: questa evoluzione fa bene all’economia, che altrimenti viaggerebbe a ritmi ancora più spenti di quelli attuali, ma non è sufficiente a offrire certezze sulle possibilità reali di spendere in tempo tutti i fondi chiesti alla Ue. Perché il cronoprogramma di maggio 2024, come ha ricordato la Corte dei conti nell’ultima relazione sul Pnrr, prevedeva 42,3 miliardi di spesa per un 2024 che si ferma invece intorno alla metà di quell’importo, concentrando quindi la cifra sostanzialmente ingestibile di 130 miliardi fra 2025 e 2026; al netto di code regolamentari o di proroghe esplicite in un dibattito che promette di diventare presto centrale.

Centro-Nord sugli scudi

Sul piano territoriale, a tirare è soprattutto il Centro-Nord mentre il Mezzogiorno, centrale nella crescita degli investimenti negli anni passati, ha mostrato nel 2024 un andamento più moderato. A NordOvest il contatore della spesa segna un +17,9%, nel NordEst cresce fino a +23,5% e al Centro raggiunge il picco con +29,5%, mentre a Sud arriva a +14,9% e fra Sicilia e Sardegna si attesta a +9,9%. Anche qui, però, si rischia di essere fuorviati dall’effetto ottico della gobba 2023 della programmazione europea, che nel Sud incide più della media per i filoni riservati alle aree interessate dalla politica di coesione. La stessa cautela va utilizzata nell’esame per fascia demografica, che mostrano una crescita intensa soprattutto nelle città medie (+32,2% di investimenti nei Comui fra 20mila e 60mila abitanti) e medio-grandi (+22,6% fra 60mila e 250mila residenti) ma indicano un piccolo arretramento (-3,9%) nelle più grandi. Non tutte, in realtà, perché Roma (591,8 milioni; +13,3%) e Torino (230,5 milioni; +30,6%) si muovono a passo di corsa. Ma il quadro dei singoli enti dipende anche dall’effetto diversificato del Pon Metro città per città e dalla possibile presenza di qualche posta contabile ancora da regolarizzare.

Fonte: Il Sole 24 Ore