Ercole Baldini, una mostra per riscoprire un protagonista del ciclismo italiano

Ercole Baldini, una mostra per riscoprire un protagonista del ciclismo italiano

Del resto era stato lo stesso Coppi, a “battezzarlo” quando il romagnolo aveva centrato il record dell’ora dei dilettanti: “Questo record è solo una tappa…” aveva profetizzato Fausto. “Con la sua andatura naturale, con la sua capacità di mantenere medie elevate e costanti, quel ragazzo è destinato al primato assoluto”. E infatti.

In questo incrocio di destini, tra miti come Coppi e Anquetil, si consuma la breve ma intensissima carriera di Baldini. Indicato a furor di popolo come l’erede del Campionissimo. Proprio da Coppi ricevette infatti il via libera per il titolo mondiale di Reims nel 1958. Mancavano 250 chilometri e l’attacco sembrava velleitario come uno sparo nel buio. Baldini, in fuga con Voortin, Nencini e Bobet, li staccò invece uno ad uno diventando campione del mondo. Un’umiliazione per i rivali francesi, battuti proprio davanti ai loro tifosi.

Un trionfo per il “treno di Forlì” che verrà affiancato a tutti gli assi del nostro ciclismo, da Girardengo a Binda, da Bartali e Coppi. Con quest’ultimo, che pure avrebbe potuto soffrire per la rapida ascesa del giovane romagnolo, si stabilì un’intesa speciale, quasi da fratello maggiore che trasmette la sua esperienza a quello minore.

Un sodalizio che si cementò al Trofeo Baracchi del 1957 quando Baldini, grazie alle sue poderose “trenate”, portò Coppi alla vittoria, un Coppi già 38enne, ormai ai titoli di coda della carriera, che non ebbe difficoltà a riconoscere, pubblicamente, i meriti del suo giovane compagno.

Le imprese di Baldini

Le imprese di Baldini, al di là dei numeri statistici, hanno sempre colpito la fantasia del pubblico. Perchè Ercole era un generoso, sempre pronto a mettersi in gioco, dotato in più di una classe straordinaria. E in quel magico 1958, prima del trionfo al Mondiale, lo si vide quando si aggiudicò da dominatore il Giro d’Italia. Nonostante fosse un passista, di robusta complessione fisica, il romagnolo riuscì ad imporsi anche in montagna infliggendo distacchi pesanti a rivali come Gaul, Bahamontes, Bobet, Nencini e Geminiani, figure leggendarie inserite a pieno titolo nell’album di famiglia dei miti del ciclismo.

Fonte: Il Sole 24 Ore