Errori macro e soluzioni per un futuro equo

Errori macro e soluzioni per un futuro equo

Michael (Mike) Spence, economista e professore universitario statunitense, insignito del Premio Nobel per l’Economia nel 2001 (con Joseph Stiglitz e George Akerlof, per il loro lavoro sull’asimmetria dell’informazione) ha passato in rassegna i nodi del nostro tempo, non risparmiando critiche al presidente Donald Trump. L’errore più grande degli ultimi 20-30 anni come comunità globale, secondo Spence, è stato quello di portare avanti globalizzazione e trasformazione tecnologica, modificando radicalmente società ed economia, e creando, allo stesso tempo, enormi scompensi. «I governi e gli economisti sono stati lenti a capire e a reagire. Noi, mi viene da dire – mettendomi in questo gruppo di persone, siamo stati complici di quanto accaduto, e lo vediamo per esempio nei mutamenti climatici o nell’acuirsi delle diseguaglianze, e nella concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi», sostiene Spence.

L’incertezza continua ancora oggi, con l’avvento di Trump, la cui agenda sembra essere in discontinuità con la precedente amministrazione, secondo il professore. Il fallimento può aprire alla speranza, sostenuta da tecnologia e dalla forza delle nuove generazioni. Sicuramente l’intelligenza artificiale può servire da volano di crescita, se messa nelle giuste mani. Le nuove generazioni possono sciogliere i nodi del nostro tempo. «L’incertezza attorno all’intelligenza artificiale è sicuramente la fonte principale di tutte le preoccupazioni, più della tecnologia stessa. Il sospetto verso la tecnologia è culturale. L’intelligenza artificiale deve aiutare e collaborare con l’umano», continua Spence.

In un mondo dove il 10% delle persone controlla due terzi della ricchezza globale è davvero difficile avere una discussione pacata sulle urgenze della comunità internazionale. Le soluzioni non sono semplici. Spence sottolinea l’importanza dell’educazione, per esempio. È una combinazione di strategie. La stessa cosa vale per la sostenibilità. Non siamo al punto di non ritorno, secondo il professore. Si può ancora invertire il corso della storia, e abbiamo bisogno di tutte le menti e le energie disponibili. I nostri fallimenti possono diventare l’agenda della prossima generazione di leader. I nostri macro-errori possono insegnarci a costruire una società più giusta e sostenibile.

Muhammad Yunus, economista e banchiere bengalese, diventato famoso per il suo lavoro pionieristico sul micro-credito, ha attaccato, senza mezzi termini, finanza e banche, ovvero l’intero sistema. Primo Ministro ad interim del Bangladesh, Yunus ha fondato la Grameen Bank (letteralmente, Banca del Villaggio) nel 1983, un istituto che offre prestiti non garantiti alle comunità rurali povere, con l’obiettivo di stimolare l’imprenditorialità e aiutare le persone a uscire dalla povertà, aprendo il credito soprattutto alle donne. Per i suoi sforzi nella lotta contro la povertà, Yunus ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 2006.

La domanda qui è: di chi è la colpa dei macro-errori della finanza? Le donne povere, e non è colpa loro, non hanno accesso al credito, perché povere. Le banche seguono le regole e non danno denaro senza garanzie, per non compromettere gli interessi degli azionisti. Tutti hanno ragione, perché «il sistema era sbagliato. Abbiamo fallito. Abbiamo disegnato la finanza nella maniera errata. Le banche dovrebbero essere istituite attorno alle persone. La domanda è stata: come faccio a mettere a punto un sistema a misura della mia comunità, e non viceversa?», chiede Yunus.

Fonte: Il Sole 24 Ore