Eurovision Song Contest, duetto pacifista Mika-Pausini. Achille Lauro balla sul toro
Con l’Eurovision Song Contest la politica, ufficialmente, non c’entra mai eppure c’entra sempre. Ancora di più con la guerra in corso in Europa: la seconda semifinale ci regala così il duetto pacifista tra Mika e Laura Pausini sulle note di Sting e Patti Smith, ma anche la Finlandia che apre le danze nel giorno stesso in cui annuncia l’avvio delle procedure per entrare nella Nato, pezzi che alludono al lockdown, bandiere ucraine sventolate qua e là da questa o quella delegazione e pure la performance dell’Achille Lauro sammarinese che non deve essere piaciuta molto al patriarca Kirill, ammesso che l’abbia vista.
Effettivamente un bel momento il duetto tra Mika e Laura Pausini, conduttori della kermesse, alle prese con le cover di Fragile di Sting e People have the power di Patti Smith, accompagnati dagli studenti del Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Torino. Al collega Alessandro Cattelan è toccato invece il balletto introduttivo, al termine del quale ha rivelato: «Questa sera ho capito davvero cosa provano gli artisti quando si esibiscono». Tu chiamala, se vuoi, «strizza» (copyright Laura Pausini).
E si parte con il concorso tra le 18 nazioni che si contendono le rimanenti dieci posizioni per la finale di sabato. Ironia della sorte, prima nazione a esibirsi è la Finlandia (proprio nel giorno dell’annuncio dell’adesione prossima alla Nato) con The Rasmus, vecchia conoscenza rocchettara, alle prese con la power ballad zuccherosa Jezebel. Michael Ben David, in forza a Israele, propone l’inno dell’auto-accettazione I.M, rara pacchianata techno. Il messaggio è: «Be proud of who you are». Salutista la serba Konstrakta che si igienizza le mani in habitat clericale sull’elettro-pop di In corpore sano. Quello che ci vuole dopo due anni di pandemia. L’Azerbaigian dispensa il pop patetismo di Nadir Rustamli (Fade to black).
Bello l’esperimento neo-prog di Circus Mircus, in rappresentanza della Georgia con Lock me in. Emma Muscat, ex Amici in quota a Malta, la butta sulla ballatona plasticosa (I am what I am). Attenzionata speciale San Marino, dal momento che a rappresentarla c’è Achille Lauro a cavallo di un toro meccanico per Stripper, provocazione alla prima persona femminile. Ci scappa pure il solito bacetto al chitarrista. Niente di troppo nuovo sotto il sole. Subito di lui c’è qualcuno più achillelauro di lui: è l’australiano Sheldon Riley che, dietro una maschera di cristallo, gorgheggia I’m not the same. Etno pop con la pala quello proposto da Cipro con Andromache e la sua Ela. L’Irlanda cucina junk food music e a servirla al tavolo è Brooke (That’s rich). Già il genere è quello che è, mettiamoci pure un’interpretazione approssimativa… La Macedonia del Nord si affida al molto più educato pop melodico di Andrea (Circles). L’estone Stefan pratica cultural appropriation country western con Hope, non esattamente un brano memorabile. Tormentone latin pop la Llamame di Wrs. Ebbene sì: anche la Romania è un paese neolatino. Il polacco Ochman la butta in dramma (Rivers). La montenegrina Vladana dedica alla madre scomparsa Breathe. Virtuosismi che non scaldano. Il Belgio ha i numeri di Jérémie Makiese che se la cava egregiamente con l’r’n’b’ di Miss You. Patinatissima Cornelia Jakobs, proposta svedese che sfoggia la ballata pop Hold me closer. Chiude il discorso l’elettropop antemico dei cechi We Are Domi (Lights off).
Per quanto riguarda gli ospiti, invece, si registra la curiosa esibizione dei tenorini del Volo con Piero Barone e Ignazio Boschetto in presenza, mentre ha cantato sotto forma di video sullo schermo Gianluca Ginoble, risultato positivo al Covid. Brano in scaletta: You are my everything, versione inglese di Grande amore con cui parteciparono all’Eurovision Song Contest del 2015. Si fa quel che si può, per portare a casa il risultato.
Fonte: Il Sole 24 Ore