Ex Ilva, tre offerte complete e sette per i singoli asset
Scadenza a mezzanotte dei termini per la presentazione delle offerte per l’ex Ilva, e poi al lavoro i commissari e il governo Meloni per la valutazione delle offerte arrivate e per la scelta di quale investitore avrà l’onere e la opportunità di provare a risanare – nella finanza, nella componente produttiva, nell’impatto ambientale – il maggiore complesso siderurgico europeo a ciclo integrale. Massimo riserbo da parte del ministero delle Imprese e del made in Italy e dei commissari ma secondo quanto appreso dal Sole 24 Ore sarebbero tre, a meno di sorprese dell’ultimo minuto, le offerte vincolanti per l’intero complesso aziendale, firmate dagli azeri di Baku Steel, dagli indiani di Jindal Steel International e dal fondo americano Bedrock Industries che di recente ha ceduto l’azienda siderurgica canadese Stelco a Cleveland-Cliffs. Sette offerte, a conferma delle manifestazioni di interesse, sarebbero invece giunte per singoli asset: tra queste quella del gruppo Marcegalia in prevalenza per le attività dei tubifici.
Possibili ancora nuovi ingressi in corsa
Il termine temporale del 10 gennaio non è però perentorio. Il governo ha costruito un set giuridico intorno alla gara che in teoria potrebbe permettere ai commissari straordinari in qualsiasi momento di non dar corso alla procedura di vendita e di iniziare trattative dirette con uno o più soggetti. Inoltre, è consentito anche dopo l’offerta ai soggetti ammessi di formare cordate.
Italiani interessati solo ai singoli asset
Dunque, almeno in questa prima fase, l’auspicio politico di avere un acquirente italiano per il complesso degli asset, anche in cordata, è rimasto sulla carta. Per le offerte all-in, quindi interessate a tutti e tre i siti produttivi di Taranto, Novi Ligure e Cornigliano, più la parte di shipping e i servizi di logistica e commerciali – ci sarebbero soltanto big player stranieri. Nelle prossime ore si avrà la certezza che anche altri operatori italiani – come Amenduni Steel, Sideralba – hanno confermato quanto inserito nella manifestazione di interesse per singoli pezzi del gruppo.
Fuori Nippon Steel e Metinvest
Nonostante siano stati bloccati dall’amministrazione Biden nella acquisizione di US Steel, i giapponesi di Nippon Steel alla fine non hanno presentato alcuna offerta formale, come era stato ipotizzato qualche tempo fa, quando il management giapponese aveva preso in considerazione di cambiare obiettivo e di puntare le sue carte su quel che resta del gruppo italiano. E anche gli ucraini di Metinvest – scottati dall’uscita di scena del partner italiano Arvedi, colpito duramente dal super prezzo dell’energia nell’impianto appena acquisito a Terni – non hanno presentato nessuna offerta.
Nella valutazione che ora dovrà essere fatta dai tre commissari straordinari un criterio sarà predominante, ovvero il programma di decarbonizzazione. L’esame poi riguarderà altri parametri: ovviamente il prezzo, ma anche il perimetro dell’operazione; il numero di dipendenti che l’offerente intende mantenere, nonché il numero di anni per i quali ha assunto gli impegni occupazionali e di continuità aziendale; la previsione di interventi di compensazione in favore delle comunità locali; il contenuto, l’estensione e la credibilità del piano industriale proposto; l’affidabilità dell’offerente; la quantità e rilevanza delle modifiche richieste rispetto allo scopo del bando ed alla bozza di contratto di compravendita resa disponibile nella data room; il grado di certezza circa sul perfezionamento dell’operazione, anche sulla base del numero di condizioni sospensive applicabili.
Fonte: Il Sole 24 Ore