Ex Ilva, truffa allo Stato sulle quote di CO2: 10 indagati della vecchia gestione
Hanno “taroccato” le comunicazioni dei dati sulla CO2 (anidride carbonica). In questo modo hanno ottenuto quote di CO2 in misura maggiore al previsto. Per l’ipotesi di reato di truffa allo Stato, sono indagate (e sono state sottoposte in queste ore a decreti di perquisizione eseguiti dalla Guardia di Finanza) dieci persone di Acciaierie d’Italia, ex Ilva. Si tratta della gestione precedente l’attuale amministrazione straordinaria guidata dai commissari del Mimit. Gli indagati sono amministratori, procuratori, dipendenti e collaboratori pro tempore di Acciaierie d’Italia, quando l’azienda era guidata dal socio di maggioranza ArcelorMittal con Lucia Morselli amministratore delegato.
Le indagini
Ad accendere un faro su quanto avvenuto per le quote di CO2 è la Procura di Taranto. Dalle indagini, spiega la Finanza, è emersa una «artificiosa manipolazione dei dati afferenti alle emissioni di CO2 riconducibili alle attività di AdI spa e poste in essere in epoca precedente la sottoposizione della società alla procedura di amministrazione straordinaria».
In particolare, le indagini hanno consentito di rilevare, in relazione alla restituzione delle quote CO2 consumate nel 2022 e all’assegnazione di quelle gratuite per il 2023, varie irregolarità commesse da Acciaierie d’Italia. AdI pre amministrazione straordinaria avrebbe attestato nel piano di monitoraggio e rendicontazione al Comitato ETS (Emission Trading System) falsi quantitativi di consumi di materie prime (fossile, gas, etc.), di prodotti finiti e semilavorati e relative giacenze, alterando così i parametri di riferimento: fattore di emissione e livello di attività. Avrebbe inoltre dichiarato al registro EU ETS (Sistema Europeo di Scambio di Quote di Emissione) un numero di quote CO2 inferiore a quello effettivamente emesso. Tutto questo ha indotto in errore il Comitato ministeriale delegato alla materia, il quale ha assegnato gratuitamente allo stabilimento di Taranto per il 2023 un ammontare di quote di CO2 superiore a quello effettivamente spettante. Con la comunicazione dei dati falsi, gli indagati avrebbero quindi procurato un ingiusto profitto ad Acciaierie. Cioè un risparmio di spesa, in quanto sono state restituite allo Stato – al Comitato ministeriale – quote CO2 in misura inferiore a quella che l’ex Ilva avrebbe dovuto restituire. Allo stesso tempo, AdI, secondo l’indagine, ha beneficiato di maggiori ricavi determinati dal riconoscimento di quote di CO2 gratuite in misura eccedente con danno del mercato primario delle aste pubbliche dello Stato.
I riscontri
I riscontri investigativi in corso – precisa la Guardia di Finanza – «sono finalizzati a rinvenire ulteriori elementi probatori utili al prosieguo delle indagini, con particolare riferimento alla documentazione amministrativa e contabile funzionale alla puntuale ricostruzione delle procedure in esame, nonché all’esatta quantificazione delle quote effettivamente». Il sistema in questione, che è europeo, prevede lo “Scambio di Quote di Emissione (EU ETS)”. È istituito dalla Direttiva 2003/87/CE (Direttiva ETS) che costituisce il principale strumento adottato dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori a seguito della sottoscrizione del Protocollo di Kyoto. Il sistema si basa essenzialmente su un meccanismo di capotrade che fissa un tetto massimo al livello complessivo delle emissioni consentite a tutti i soggetti vincolati, permettendo ai partecipanti di acquistare e vendere sul mercato diritti a emettere CO2 (quote) secondo le loro necessità nel rispetto del limite stabilito. Il meccanismo ha lo scopo di mantenere alti i prezzi dei titoli per disincentivare la domanda e, pertanto, indurre le imprese europee ad inquinare meno.
La gratuità delle quote di CO2 finirà nel 2030 e questo ha indotto Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria ad abbandonare il progetto di rifacimento dell’altoforno 5, il più grande d’Europa, perché oltre ai notevoli costi di investimento, circa 500 milioni, sarebbe stato necessario fronteggiare quelli relativi all’acquisto delle quote (in rapporto di due quote di CO2 ogni tonnellata di acciaio prodotta) rendendo insostenibile economicamente la produzione.
Fonte: Il Sole 24 Ore