Femminicidio Giulia Cecchettin: secondo i pm Turetta aveva pianificato l’omicidio

Settantacinque coltellate per uccidere Giulia Cecchettin, la studentessa di 22 anni uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta l’11 novembre 2023. Una crudeltà «chiaramente eccedente l’intento omicida». scrivono i pm della Procura di Venezia nell’atto di accusa notificato ai difensori del 22enne e alle parti offese. Secondo i pm sabato 10 novembre, quando Filippo Turetta giunse sotto casa di Giulia con la macchina, sapeva già che l’avrebbe uccisa. La portò fuori di casa con la scusa di andare a fare un giro al centro commerciale, ma sapeva già che si sarebbe sbarazzato del corpo della giovane vicino al lago di Barcis.

Tutto premeditato secondo i pm

Nell’atto di accusa notificato ai difensori del 22enne e alle parti offese si legge che Filippo Turetta, secondo i pm di Venezia, aveva preparato tutto «almeno dal 7 novembre». E sottolineato che il giovane aveva condotto alcune ricerche su Internat cercando le voci «nastro isolante, manette, cordame, badile, sacchi neri». Non si aspettava si sarebbe ribellata di fronte alla sua aggressione in auto, nel tempo tra il primo agguato nel parcheggio di Vigonovo e il secondo, nella zona industriale di Fossò. Un intento «chiaramente eccedente l’intento omicida», scrivono i magistrati. Turetta, a Fossò, dovette inseguire Giulia, facendola cadere a terra e colpendola con altre coltellate perchè spiegano i pm, «fuggendo dall’auto in cui era costretta» la ragazza stava mettendo «di fatto a rischio il piano esecutivo dell’omicidio».

Non fu un black out

I pm, a sostegno della tesi della premeditazione, scrivono che Filippo Turetta avrebbe «tenuto fermo il proposito di delinquere, superando le inibizioni e gli ostacoli al proprio impulso criminogeno» – dato il rapporto con la vittima – «per un apprezzabile lasso temporale», in attesa che si presentasse «un’occasione adeguata per attuare il proprio intento». A carico dell’ex universitario di Torreglia, in carcere a Verona da cinque mesi, i magistrati ritengono d’avere un quadro d’accusa, con dati oggettivi, tale da far impallidire il tentativo dell’indagato – come fu nell’interrogatorio di novembre – di derubricare uno «spietato piano criminoso» a un banale «blackout», al «devo ricostruire cosa mi è scattato in testa….».

Il tentativo di cancellare le tracce di navigazione dal pc

Turetta fece un tentativo di cancellare le tracce della navigazione dal suo computer. Ma gli esperti informatici le hanno recuperate, scoprendo che Turetta si era appuntato un file su «come legare Giulia, con il nastro adesivo mani, caviglie, ginocchia» e anche «come tapparle la bocca». Nelle carte dell’avviso conclusioni indagini, giunto in carcere anche a Turetta, i magistrati spiegano che lo studente aveva costruito nel dettaglio tutte le fasi del delitto, pianificandolo «almeno dal 7 novembre», quattro giorni prima del fatto. Ma, secondo i pm, ci pensava da molto più tempo, dopo essere stato lasciato, nelle lunghe giornate a casa senza fare niente altro che pensare a Giulia. A Filippo non bastava controllare le sue interazioni sui social, o tormentare la sorella Elena, su dove andasse e chi vedesse la ragazza. Turetta, scrivono i magistrati, ne controllava continuamente i movimenti anche grazie ad applicazioni “spia” piazzate sul cellulare. Il 10 novembre, quando mise in moto la sua Punto nera, Filippo aveva già caricato tutto per compiere l’omicidio, sbarazzarsi del corpo, e fuggire all’estero.

Due i coltelli usati

Turetta, accusato di omicidio volontario premeditato, avrebbe usato due coltelli: il primo è quello trovato spezzato nel parcheggio vicino a casa di Giulia, a Vigonovo; l’altro è quello dell’agguato di Fossò, trovato nella sua auto, dopo l’arresto in Germania. I magistrati non escludono che ne avesse «un terzo, poi scomparso». Non sono mai stati trovati il telefonino e la borsa di Giulia.

Fonte: Il Sole 24 Ore