Fidia, a Roma la mostra monografica sul più grande scultore dell’Età Classica
Ai Musei Capitoli, presso la sezione di Villa Caffarelli, è stata aperta una mostra dedicata a un grande scultore del mondo classico: Fidia. Penserete “incredibile” e correrete con aspettative più elevate rispetto a ciò che l’esposizione può offrire. Partiamo da una considerazione: l’unica opera, certamente di sua mano, che si sia salvata allo scorrere del tempo coincide con le decorazioni sommitali del Partenone. Com’è noto, i marmi – le sculture dei timpani dei due prospetti e le metope dei fregi – sono conservati per un celebre furto storico (quello di Lord Elgin) al British Museum e sono oggi causa di numerose discussioni sulla giustizia o meno della restituzione alla legittima proprietaria – Atene.
“Riunificazione”
Si parla, in verità, di “riunificazione” poiché i marmi andrebbero a ricongiungersi, idealmente, con il tempio dell’Acropoli, ricucendo così il legame con il contesto di provenienza.
Le altre opere commissionate a Fidia sono ricostruibili grazie alle numerose copie romane ispirate agli originali dello scultore greco.
Se si viene accolti nel cortile di Villa Caffarelli dalla ricostruzione (inaugurata il 6 febbraio 2024) della statua colossale dell’Imperatore Costantino (IV secolo d.C.), uno dei più significativi esempi della scultura romana tardo-antica, non si può non confrontare con una delle 7 meraviglie del Mondo Antico: lo Zeus di Olimpia (430 a.C.), opera di Fidia. Entriamo così all’interno per scoprire com’è concepito il percorso.Si parte con una riflessione sulla fama ininterrotta dello scultore, testimoniata da un omaggio di Rodin alla Pallade Atena di Fidia. Un cimelio, la presunta firma incisa su una coppa da libagione che recita “Pheidiom eimi” Io appartengo a Fidia, suscita un brivido di commozione. Si parte poi con l’opera dello scultore: incontriamo, per primo, l’Apollo Parnopios, o meglio, le tre belle copie (nel “tipo Kassel”) della sua testa. Dall’Atena Promachos (”che combatte in prima fila”) – commissionata sfruttando la decima parte del bottino della Battaglia di Maratona (490 a.C.) -, che si ergeva dietro i Propilei e, con la sua mole, colpiva chi approdava nel porto del Pireo, si passa a “la più bella” tra le tre statue dedicate da Fidia alla dea: l’Atena Lemnia. Per giungere, invece, a conoscere il terzo esemplare dedicato da Fidia all’immagine mitica della dea – l’Atena Parthenos -, si deve prima affrontare la problematica vicenda dei marmi del Partenone.
Il corpus di sculture e bassorilievi in marmo pentelico subirono gravi danni: prima a causa di un bombardamento sull’Acropoli operato dai veneziani nel Seicento; poi quando furono staccati a forza dall’architettura, per comando dell’ammiraglio Lord Elgin. I marmi sono, infatti, conservati al British Museum e non sono in mostra, a parte alcuni frammenti. Presso i Capitolini è esposto un dettaglio dal cerimoniale delle Panacee, rappresentato sui fregi dei lati lunghi (nord e sud) del colonnato esterno: è parte della teoria di cavalieri che ha ispirato artisti come Bertel Thorvaldsen e Dulio Cambellotti. Sono esposte, inoltre, alcune opere romane che riproducono lo splendido scudo di cui era armata la statua di Atena Parthenos, ospitata nella cella del tempio e completamente crisoelefantina, ossia d’oro e avorio.
Fonte: Il Sole 24 Ore