Fipe: nella ristorazione mancano 150mila addetti, soprattutto baristi e camerieri
Nel comparto della ristorazione, in Italia, mancano 151.550 figure professionali: soprattutto camerieri e baristi (per il 50%) e cuochi. A rivelarlo è Confcommercio-Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi, durante la consueta Assemblea annuale che si svolge a Roma. Nel 2022 le oltre 165mila aziende del settore con almeno un dipendente hanno impiegato, in media, 987.052 lavoratori dipendenti, ma il reperimento del personale rappresenta il tallone d’Achille per il 60% delle imprese. Si cercano prevalentemente figure oltre i venticinque anni, che abbiano maturato una esperienza specifica, ma la mancanza di candidati si sta rivelando un problema cronico.
La dinamica imprenditoriale dei pubblici esercizi continua a risentire dello strascico degli effetti delle restrizioni pandemiche: il che spiega il perdurare di un saldo negativo per 6.869 unità: nei primi nove mesi del 2023 hanno avviato l’attività 8mila imprese, mentre 14.869 hanno chiuso
In totale le imprese iscritte a settembre 2023 negli archivi delle Camere di Commercio italiane come servizi di ristorazione sono 334.173, la maggioranza (14,6%) in Lombardia.
Il tema su cui si è concentrata prevalentemente l’Assemblea Fipe di quest’anno è la comunicazione nella ristorazione. Il perchè lo spiega il presidente Lino Enrico Stoppani: «Dagli scontrini gonfiati alla tassa sui piattini, il settore sconta spesso un difetto di inquadratura da parte dei media e della stessa opinione pubblica, che tendono a mettere a fuoco solo alcuni aspetti, ma non quelli decisivi, con pesanti ripercussioni in termini di attenzione politica sui provvedimenti di cui ci sarebbe bisogno».
Stoppani prosegue: «È difficile trovare un settore più “comunicato” del nostro”. Tale popolarità è normale in un Paese dove il cibo non è mai semplicemente consumo, ma è sempre stato al centro della convivialità e delle ricorrenze delle persone. L’Italia è l’unico Paese al mondo dove si parla di cibo, di cosa o dove mangiare, anche quando si è seduti a tavola».
C’è però anche il rovescio della medaglia. «Spesso lo storytelling sulla ristorazione si ferma solo al primo livello di spettacolarizzazione, accendendo i riflettori sulla parte più “narcisistica” di imprenditori e consumatori o facendo prevalere gli aspetti sensazionalistici sul merito, con una distorsione della realtà, che offusca l’impegno, il sacrificio e i valori di un settore complesso e articolato, che sulla reputazione costruisce la propria esistenza».
Fonte: Il Sole 24 Ore