Fisco e contributi, evasi 82,4 miliardi. Dimezzato il gap Iva

A volte può essere una questione di prospettive. Ma i numeri parlano chiaro. Il gap tributario e contributivo, ossia la quota che ancora sfugge rispetto a quanto il Fisco e l’Inps pensano di incassare, è ancora altissimo in Italia ma sta sensibilmente diminuendo, anche perché una degli architravi su cui si basa l’evasione come l’Iva ha ormai un consolidato trend in picchiata grazie agli strumenti antifrode e tecnologici messi in campo.

La contrazione dell’evasione Iva

L’ultima relazione sull’economia non osservata e sull’evasione tributaria e contributiva realizzata dalla commissione istituita presso il ministero dell’Economia, che viaggia in parallelo con il piano strutturale di bilancio (Psb), segnala che l’ultimo dato disponibile relativo al 2021 su quanto sfugge all’Erario è complessivamente pari a 82,4 miliardi di euro. Un’enormità, ancora. Il bicchiere, però, è mezzo pieno, perché se si guarda la dinamica dell’ultimo quinquennio (ossia a partire dal 2017) il gap si sta riducendo: quasi 26 miliardi di euro.

A pesare su questa flessione per circa il 70% è la contrazione dell’evasione Iva, che secondo quanto riporta la relazione (il sistema di misurazione differisce rispetto a quanto utilizzato in sede Ue) è passato da 35,6 a 17,8 miliardi di euro: in pratica si è dimezzato. Siccome, però, vanno colti tutti i segnali e non solo quelli incoraggianti va sottolineato che tra il 2020 (anno fortemente anomalo perché caratterizzato dalle restrizioni più pesanti per la pandemia) e il 2021 l’indicatore relativo alla misura dell’evasione sull’Irpef dovuta da autonomi e imprese è tornata a salire di quasi 1,5 miliardi.

Recupero di compliance

Tornando all’Iva, come spiega la relazione della commissione presieduta da Nicola Rossi, «il forte recupero di compliance in termini di riduzione del gap non dichiarato è probabilmente ascrivibile alle misure di contrasto all’evasione che si sono susseguite tra il 2017 e il 2021: l’allargamento dello split payment nel 2017, e l’introduzione della fatturazione elettronica per alcune categorie di soggetti nel 2018 e la sua generalizzazione nel 2019». C’è anche un altro aspetto che può aver influito, obbligando alla tracciabilità dei pagamenti e quindi con un effetto in termini di contrasti di interessi. Nel 2021 infatti la propensione all’evasione si è ridotta di circa 3,4 punti percentuali rispetto al 2020, pari a circa 2,8 miliardi. La relazione spiega come questo possa essere il risultato dell’«introduzione delle misure rafforzanti la tracciabilità delle operazioni, quali l’allargamento a tutti gli operatori dell’invio telematico dei corrispettivi e gli incentivi all’utilizzo di strumenti elettronici nelle transazioni, nonché all’ampliamento dei bonus edilizi».

L’aumento dell’Iva dichiarata ha portato giù la propensione all’evasione. Ma, per sgombrare il campo preventivamente da ogni polemica ed evitare strumentalizzazioni su un terreno minato, la commissione precisa che «la valutazione dell’impatto complessivo sulla finanza pubblica dei suddetti provvedimenti non rientra tra gli obiettivi di questa relazione, incentrata esclusivamente sull’evasione fiscale». Anche perché poi l’effetto dell’utilizzo dei crediti d’imposta o delle detrazioni generate da quei bonus potrebbe scaricarsi sugli anni successivi, su cui ci saranno i dati solo in futuro. E, comunque, nella parte dedicata ai risultati conseguiti nel contrasto all’evasione c’è un capitolo espressamente dedicato alle frodi sui crediti d’imposta per lavori edilizi ed energia.

Fonte: Il Sole 24 Ore