Fisco, le partite Iva tornano a pagare acconti a rate per 700 milioni

Fisco, le partite Iva tornano a pagare acconti a rate per 700 milioni

La fine delle vacanze natalizie segna anche la ripartenza a pieno regime delle scadenze fiscali. Gennaio mette in agenda 74 adempimenti in calendario: poco più del 75% di questi è rappresentato da versamenti. A caratterizzare il primo mese dell’anno, oltre alla ripresa dell’invio degli atti del fisco dai controlli automatizzati a quelli formali delle dichiarazioni dopo la tregua di dicembre prevista dall’attuazione della delega fiscale, è l’appuntamento a cui sono chiamate le piccole partite Iva individuali con il versamento degli acconti d’imposta rinviati dalla scadenza del 30 novembre. Una misura arrivata con la conversione del decreto fiscale collegato alla manovra (Dl 155/2024) e che ha replicato per filo e per segno quanto era successo l’anno precedente sempre con il decreto connesso alla legge di Bilancio.

La scelta delle rate

Fortemente voluta dalla Lega e in particolare dal presidente della commissione Attività produttive della Camera, Alberto Gusmeroli, il rinvio degli acconti a rate ha un impatto non proprio secondario per le casse dello Stato. Il rinvio della scadenza di fine novembre impatta, infatti, per 688 milioni di euro. Un importo che ora l’Erario si aspetta di recuperare in parte il 16 gennaio e in parte nei mesi successivi. La facoltà offerta dal decreto fiscale è doppia: traslare il versamento del secondo acconto d’imposta al 16 gennaio e decidere se versarlo entro questa data in un’unica soluzione o optando per una rateizzazione. In questo secondo caso, il si può “spacchettare” l’importo dovuto in cinque rate in scadenza il 16 di ogni mese fino al 16 maggio. Naturalmente dilazionare i pagamenti fino a maggio ha un costo, perché sulle rate successive alla prima del 16 gennaio bisognerà aggiungere anche il costo degli interessi.

La platea degli interessati

Ma chi e quanti sono i soggetti interessati? Come anticipato, la misura ricalca per il solo anno d’imposta 2024 l’impostazione già seguita un anno fa. Quindi rinvio e rateizzazione degli acconti riguarda le persone fisiche titolari di partita Iva che nel periodo d’imposta precedente hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170mila euro. In sostanza si tratta di ditte individuali, lavoratori autonomi e professionisti. In teoria una platea ampia, visto che vi rientrano di sicuro anche tutti i contribuenti forfettari ossia quelli in flat tax al 15% o al 5% (per le nuove attività produttive). Ma, considerando l’effetto finanziario stimato appunto in 688 milioni di euro, è verosimile che il perimetro effettivo non si attesti molto lontano da quello dello scorso anno. A fornire i dati era stato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in risposta a un’interrogazione alla Camera (si veda «Il Sole 24 Ore» del 14 novembre scorso), quando ha riportato che al differimento dell’anno scorso hanno aderito 276.277 soggetti, «di cui 83.233 contribuenti Irpef e 193.044 per l’imposta sostitutiva sul regime dei contribuenti minimi forfettari, per un valore di versamenti posticipati al 2024 pari a oltre 600.000.000 di euro».

Fuori i contributi

Di fatto, quindi rinvio e rateizzazione riguarderanno l’Irpef, le imposte sostitutive come la flat tax sui forfettari ma anche le mini patrimoniali estere (l’Ivie sugli immobili e l’Ivafe sulle attività finanziarie) e la cedolare secca sugli affitti, tanto per citare le più diffuse. Nonostante i tentativi fatti prima dell’applicazione della norma restano ancora fuori i contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi dovuti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), per cui sarebbe stato necessario richiedere una copertura finanziaria più elevata.

L’intreccio con il concordato preventivo

C’è invece l’intreccio con il concordato preventivo. Perché le partite Iva fino a 170mila euro di ricavi o compensi che hanno aderito all’accordo con il Fisco accettando il risultato proposto possono includere nel rinvio e nella rateizzazione dell’acconto anche la parte delle maggiori imposte dovute proprio per effetto dell’aumento di imponibile prospettato dall’amministrazione finanziaria per il biennio 2024-2025 per i soggetti Isa o per il solo 2024 per i forfettari. Una sorta di ulteriore misura di favore (oltre ai tanti correttivi che hanno contraddistinto la messa a punto del concordato) per rendere meno faticosa la strada di una maggiore compliance rispetto a quanto effettivamente dovuto in base ai ricavi o compensi percepiti con la propria attività.

Fonte: Il Sole 24 Ore