flessibilità, formazione continua e nuovi modelli manageriali”

flessibilità, formazione continua e nuovi modelli manageriali”

ll modo di vivere la professione e la gestione dei dipendenti sta conoscendo importanti evoluzioni in relazione alla spinta imposta dal processo di digitalizzazione e dalla definitiva (o quasi) maturazione di nuovi paradigmi, a cominciare dal lavoro ibrido. E c’è, nondimeno, un cambiamento di natura culturale che dall’esterno entra nel cuore delle organizzazioni e si alimenta attraverso le esigenze e le consuetudini di una massa critica di “nuovi” lavoratori, capitanata dagli esponenti della Generazione Z, sempre più attenti agli aspetti di flessibilità, benessere aziendale e formazione continua.

La riluttanza di una grande fetta di giovani professionisti nati fra la metà degli anni ’90 e la fine del primo decennio del nuovo secolo ad assumere ruoli manageriali tradizionali (a favore della volontà di progredire in un ruolo individuale) è una delle tendenze che più dovrebbero interessare i responsabili delle risorse umane e il management tutto. «Se alcuni interpretano questo fenomeno come una mancanza di ambizione – osserva in proposito Tiziano Bertolotti, Ceo di Peoplelink, società italiana (del Gruppo Sistemi) specializzata in servizi innovativi per l’HR management -, io credo che rifletta invece un cambiamento più profondo nel modo in cui le nuove generazioni concepiscono il lavoro, favorito anche dalle dinamiche aziendali in atto. Una di queste dinamiche, dal peso molto rilevante, è l’appiattimento delle gerarchie aziendali: il processo che comporta la riduzione della “profondità” delle unità organizzative viene preso in considerazione molto più spesso rispetto a qualche anno fa e conferma la crescente predisposizione ad abbandonare strutture piramidali con innumerevoli livelli di management per abbracciare modelli più snelli, in cui la comunicazione è più fluida, le decisioni vengono prese più rapidamente e ai dipendenti viene riconosciuta maggiore autonomia e responsabilità. E la Gen Z, come sottolinea Bertolotti, «abituata a un mondo digitale immediato e interconnesso, non potrebbe chiedere di meglio per perseguire l’obiettivo di avere un impatto concreto e di essere artefice del proprio destino professionale».

La tendenza a “snobbare” ruoli di grande responsabilità per cercare impieghi meno stressanti e più gratificanti, da gestire in relativa autonomia, non riguarda però solo i lavoratori più giovani ma anche una porzione consistente dei manager Millennial, nel segno di un cambio di prospettiva destinato ad avere un impatto importante nell’organizzazione delle imprese. Quelle che sapranno adattarsi a questa nuova realtà, offrendo a tutti i talenti la possibilità di crescere in ambienti professionali flessibili e meritocratici, saranno quelle che avranno successo nel lungo periodo e che avranno dalla loro leader in grado di intercettare e gestire le nuove tendenze, motivando e guidando i team verso nuove modalità di lavoro e di crescita professionale.

Lecito quindi chiedersi quanto sia compatibile questo modello di flessibilità con la classica organizzazione di una grande azienda che prevede responsabilità e linee di comando ben definite e strutturati. A precisa domanda, la risposta del Ceo di Peoplelink è altrettanto ben definita: «La Gen Z andrà a costituire oltre un quinto della forza lavoro complessiva entro la fine del 2025 e porta con sé priorità che stanno sfidando i modelli tradizionali, vantando come principali peculiarità una mentalità aperta, flessibilità, frequente spirito di iniziativa e ovviamente sensibilità tecnologica. La loro attenzione per la crescita personale, la sostenibilità e l’innovazione sta facendo muovere molte aziende italiane a ripensare le proprie strategie di assunzione e di gestione del personale».

Comprendere le dinamiche che motivano la Gen Z sul posto di lavoro, di cui è parte integrante anche l’apprezzamento per fattori quali l’equità e l’inclusione, diventa fondamentale per attrarre e trattenere i giovani talenti. Un altro fattore di rilievo, secondo Bertolotti, è la capacità di favorire un ambiente con la cultura del “never stop learning”, in relazione al fatto che i modelli di formazione interni alle organizzazioni non sempre sono adeguati e sufficientemente adattati. «Più delle generazioni precedenti – ha aggiunto ancora il manager – gli appartenenti alla Gen Z non cercano solo un impiego bensì uno scopo e un allineamento con i loro valori, hanno un nuovo rapporto con l’autorità e le gerarchie e sembra che vogliano sfidare i capi e le loro opinioni, ed è questo che li tiene coinvolti sul lavoro. Serve di conseguenza una leadership attenta ai suoi bisogni e disponibile ad ascoltarli».

Fonte: Il Sole 24 Ore