Fmi: l’incognita Trump sulla crescita globale

Fmi: l’incognita Trump sulla crescita globale

L’incognita Trump si somma ai fattori che possono far ripartire l’inflazione e innescare nuovi shock. Nell’aggiornamento delle sue previsioni, il Fondo monetario conferma al 3,3% l’aumento del Pil mondiale, sia nel 2025 che nel 2026, dopo il 3,2% del 2024. Un passo «fiacco», inferiore alla media 2000-2019, pari al 3,7%, ed esposto ai rischi che arrivano dai conflitti in Medio Oriente e Ucraina, ma anche dalle politiche della nuova amministrazione americana. Per l’Italia, il Fondo stima una crescita dello 0,6% per il 2024 e dello 0,7% nel 2025, con una ulteriore limatura rispetto alle previsioni di ottobre (dello 0,1%).

Il fattore Trump

Il Pil Usa crescerà del 2,7% nel 2025, rispetto al 2,8% del 2024, con una correzione al rialzo di 0,5 punti percentuali, rispetto alle previsioni di ottobre. L’inflazione dovrebbe restare sopra il 2%, anche se non di troppo. Lo spread con i tassi degli altri Paesi sembra destinato ad allargarsi, dato che nell’Eurozona si prevede una dinamica inflazionistica più contenuta e i prezzi in Cina restano bassi.

Queste le ipotesi di base. Ma il Fondo si sofferma a lungo sulle incognite generate dall’agenda di Donald Trump, con le minacce di dazi che riportano indietro alla guerra commerciale scatenata durante il suo primo mandato. Scrive il Fondo: «Una nuova ondata di dazi potrebbe esacerbare le tensioni, diminuire gli investimenti, ridurre l’efficienza del mercato, distorcere i flussi commerciali e interrompere nuovamente le catene di approvvigionamento». Se è difficile prevedere l’effetto inflazionistico del protezionismo, i rischi potrebbero però «essere più elevati» rispetto a quanto avvenuto in passato.

A preoccupare non sono solo i dazi. Una politica fiscale più generosa, con tagli alle tasse, «potrebbe stimolare l’attività economica nel breve periodo, con piccole ricadute positive sulla crescita globale. Nel lungo periodo, però, ciò potrebbe costringere a correzioni di bilancio più ampie, che potrebbero diventare dirompenti per i mercati e per l’economia, potenzialmente indebolendo «il ruolo dei Treasury come asset sicuro globale».

Al tempo stesso, l’apprezzamento del dollaro potrebbe risucchiare capitali dalle economie emergenti e in via di sviluppo e far salire i premi di rischio. Inoltre, avvisa il Fondo, un’eccessiva riduzione dei paletti che limitano rischio finanziario e indebitamento potrebbe generare bolle nel lungo periodo, con ripercussioni globali.

Fonte: Il Sole 24 Ore