Fondazione Bruno Kessler di Trento, maxi progetto per i sensori del futuro

Fondazione Bruno Kessler di Trento, maxi progetto per i sensori del futuro

l contributo europeo all’accelerazione innovativa contemporanea centrata sull’intelligenza artificiale non può contare su mega investimenti finanziari o sul potere dei giganti digitali: ma con ogni probabilità, nascerà dall’incontro dei centri di ricerca con le imprese industriali e i settori produttivi più forti e lungimiranti del continente. Una narrativa, in proposito, esiste: per quanto affascinante, l’intelligenza artificiale generativa è, forse, ancora una soluzione in cerca di problema; ma l’automazione industriale, la sensoristica, la transizione ecologica per via tecnologica sono realtà concrete nelle quali forme di intelligenza artificiale solide e affidabili possono portare significativi benefici.

Uno dei centri di ricerca che si candidano a essere protagonisti di questa ipotesi si trova a Trento. Negli ultimi dieci anni, la Fondazione Bruno Kessler (FBK) ha quadruplicato i fondi a disposizione della ricerca e raddoppiato i ricercatori. «Per la prima volta il nostro bilancio supera i 100 milioni di euro» dice Ferruccio Resta che presiede la fondazione e le sue 850 persone. «Abbiamo ottenuto 68 milioni sul mercato dei progetti competitivi, soprattutto europei e per il resto continuiamo a poter contare sull’investimento della Provincia di Trento» spiega Andrea Simoni, segretario generale della FBK.

Le nuove risorse sono in parte destinate a un ambizioso investimento tecnologico, con il quale la fondazione spera di allungare il passo in uno dei settori nei quali è particolarmente forte. «Ingrandiamo la nostra clean room a 2mila metri quadrati» annuncia Resta. «Serve alla ricerca, alla progettazione e alla fabbricazione di sensori. Investiamo 80 milioni nei prossimi quattro anni. Puntiamo ad avere in questo settore una delle prime cinque infrastrutture di ricerca d’Europa in termini di dimensioni, numero di ricercatori e capacità di autofinanziamento». Il giro d’affari previsto per questa clean room è di circa 30 milioni. Anche perché non si limita a fare ricerca sulle tecnologie più avanzate dei sensori concentrati sulla fotonica e le radiazioni X su silicio e carburo di silicio ma li produce anche in piccole serie avanzatissime per clienti estremamente esigenti come il Cern di Ginevra.

Quello dei sensori è un mercato in crescita e punta a raggiungere i 253 miliardi per il 2035, secondo i dati raccolti da IDTechEx e pubblicati due giorni fa. Il comparto nel quale opera FBK è naturalmente quello più avanzato scientificamente e che appare economicamente emergente. Questi oggetti richiedono la capacità di lavorare a scala micro e nanotecnologica, operando sull’elettronica e la micromeccanica, trattando il silicio e in prospettiva il carburo di silicio. Per questo occorre una clean room particolarmente efficiente, per evitare che qualsiasi impurità possa rovinare la struttura dei sofisticatissimi prodotti.

Ma naturalmente questa competenza viene integrata, alla FBK, con la conoscenza sull’intelligenza artificiale, la modellazione di gemelli digitali, il trattamento di grandi volumi di dati. «Abbiamo deciso di scegliere un approfondimento verticale e, per i prossimi due anni, avremo l’opportunità di sviluppare grandi progetti centrati sull’agritech» spiega Resta. «Di fronte ai grandi cambiamenti della demografia, del clima, della disponibilità di acqua ed energia, l’agricoltura deve innovare» osserva Resta. I sensori rilevano per esempio l’umidità dei campi e i modelli dell’FBK possono fondere quei dati con quelli che provengono da droni e satelliti, integrandoli con le previsioni meteo che FBK è in grado di produrre con l’approccio nowcasting. Si può valutare la colorazione del fogliame, la maturità e la dimensione dei frutti con precisione nelle diverse parti del campo. «Lavoriamo sulla sicurezza dei raccolti, l’efficientamento del bisogno di acqua e fitofarmaci, la qualità e la tracciabilità del prodotto» osserva Simoni.

Fonte: Il Sole 24 Ore