Fondi pensione, aumenta il pressing per ridurre le tasse

Fondi pensione, aumenta il pressing per ridurre le tasse

Con il tavolo della riforma delle pensioni di fatto congelato, diventa sempre più intenso il pressing per far salire l’appeal della previdenza integrativa alleggerendo anzitutto il peso fiscale su fondi pensione e Casse di previdenza, anche con il ricorso a incentivi e agevolazioni mirate. Richieste e suggerimenti quasi unanimi in questa direzione stanno arrivando dalle audizioni che si stanno susseguendo alla commissione Bicamerale di controllo sugli enti di previdenza nell’ambito di un’indagine conoscitiva avviata da alcuni mesi. Ma non solo: tra le indicazioni al governo c’è anche quella di valutare l’opportunità di destinare una quota molto più significativa del risparmio previdenziale agli investimenti per il Paese.

L’urgenza di agevolare fiscalmente l’accesso alla previdenza integrativa è stata ripetutamente indicata dalle associazioni e dagli esperti ascoltati: l’ultima in ordine cronologico è stata nei giorni scorsi la Febaf, la Federazione banche assicurazioni e finanza. Che ha sottolineato la necessità di ridurre l’attuale tassazione sui rendimenti degli investimenti dei fondi di primo e secondo pilastro, rispettivamente al 26% e al 20%, e di perseguire l’armonizzazione a livello europeo del livello impositivo. Secondo Febaf, «la variabile fiscale potrebbe inoltre costituire una leva rilevante per favorire impieghi a lungo termine e quindi l’afflusso di risorse verso l’economia reale». Di qui la proposta di «prevedere una fiscalità premiale in funzione della durata degli investimenti».

Sulla questione della tassazione della previdenza integrativa in ”Bicameralina” è intervenuto anche Mauro Maré, presidente del Mefop, la società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione, che ha il ministero dell’Economia come principale azionista. Maré si è soffermato sulla riduzione delle tasse sui rendimenti almeno per la Casse di previdenza e sull’opportunità di evitare duplicazioni d’imposta. Maré ha anche sottolineato che la mancata crescita delle adesioni ai fondi pensione «è un problema vero», visto che negli ultimi 25 anni si è saliti dal 25% a non più del 30% circa. A chiedere la riduzione della tassazione dei rendimenti e incentivi fiscali per gli investimenti del patrimonio dei fondi nell’economia produttiva nazionale era stata già, sempre nelle scorse settimane, Assofondipensione, l’Associazione che riunisce 32 fondi pensione negoziali istituiti nei principali comparti produttivi.

Al di là della diversa natura delle proposte e delle differenti esigenze indicate, il messaggio al governo, che arriva sostanzialmente anche dal mondo delle professioni (da Confprofessioni a Assoprofessioni e Colap) e dal Consiglio nazionale degli attuari, è chiaro: dare priorità al rilancio della previdenza complementare, anche nell’ottica di favorire la crescita dell’economia. Ed è proprio quest’ultimo, l’obiettivo della proposta del presidente del Fondo Cometa, Riccardo Realfonzo, rilanciata anche sulle colonne del nostro giornale, sulla nascita di un fondo pubblico-privato che investa il risparmio previdenziale nel Paese garantendo i rendimenti. Una proposta condivisa dal leader della Cgil, Maurizio Landini. E che non sembra dispiacere al presidente della Bicamerale di controllo sugli enti previdenziale, il leghista Alberto Bagnai. Che, sempre nei giorni scorsi, ha sottolineato come sia «opportuna una riflessione, sulla reale praticabilità – pur nella complessità del quadro complessivo della finanza pubblica – di soluzioni che siano in grado di attrarre le Casse di previdenza e i fondi di previdenza complementare» verso investimenti diretti, di lungo periodo, in infrastrutture sociali e piccole-medie aziende, «con il ricorso alle formule ormai tradizionali della finanza alternativa (private equity, private debt) e con l’obiettivo di favorire il potenziamento dell’apparato produttivo, la crescita della dimensione media delle imprese, preservando il risparmio previdenziale».

Fonte: Il Sole 24 Ore