Formaggio, export ancora in crescita. Ma è allarme per i dazi cinesi

Non si ferma la corsa dell’export italiano di formaggi. In attesa che si chiarisca lo scenario sui minacciati dazi cinesi (evocati in risposta a quelli della Ue sulle auto elettriche), gli scambi con l’estero continuano a crescere anche verso i paesi extracomunitari, dove nei primi sei mesi dell’anno le imprese casearie hanno venduto più di 93mila tonnellate di formaggi, pari a 844 milioni di euro, mettendo a segno rispettivamente +14 % e +11%.

Con questi numeri, informa Assolatte, «l’Italia si conferma sul gradino più alto del podio in termini di valori (come peraltro fa ininterrottamente dal 2019) e al secondo posto per i volumi, preceduta – in questo ultimo caso – solo dalla Germania, per il momento ancora avanti ma di poche lunghezze».
«Un’ascesa eccezionale – testimonia Paolo Zanetti, presidente di Assolatte – se si considera che cinque anni fa eravamo ancora al quinto posto. Grazie all’accelerazione messa a segno nell’ultimo lustro, abbiamo superato l’Irlanda, poi la Francia, e infine, nel primo semestre di quest’anno, l’Olanda».

Le rilevazioni Assolatte sui risultati dei primi sei mesi dell’anno confermano che siamo i primi esportatori europei verso Stati Uniti (19.800 tonnellate), Svizzera (13.100 tonnellate), Cina (6.070 tonnellate), Emirati Arabi (1.700 tonnellate), Canada (3.750 tonnellate). E secondi in Giappone, dove nei primi sei mesi dell’anno abbiamo portato circa 6.400 tonnellate di formaggi, e in Australia (3.300).
Tra i protagonisti di questo successo, si trovano, in particolare, Grana Padano e Parmigiano Reggiano, mozzarelle, burrate e ricotte, mascarpone, grattugiati, pecorini, Gorgonzola.

«Da anni investiamo sui mercati extra europei e finalmente stiamo raccogliendo i frutti del lavoro delle nostre imprese – afferma Paolo Zanetti – ma il futuro ci preoccupa, a partire dalla Cina». Il riferimento è all’indagine aperta dalle autorità cinesi sugli aiuti europei e nazionali al settore lattiero caseario, che – a loro avviso – permettono ai nostri formaggi di arrivare sul loro mercato con prezzi troppo competitivi. C’è un rischio concreto che tra qualche settimana le nostre imprese dovranno pagare fior di dazi per portare i formaggi italiani sulle tavole cinesi.

«Dopo i dolorosi precedenti di Russia e Stati Uniti, ancora una volta il settore pagherà per colpe non sue. Il contenzioso con la Cina, infatti – precisa Assolatte – nasce come ritorsione per i dazi imposti dall’Europa sui motori elettrici cinesi».

Fonte: Il Sole 24 Ore