Formiche di fuoco: ecco perché si chiamano così e perché sono pericolose
Le chiamano formiche di fuoco, perchè hanno un pungiglione che utilizzano per somministrare veleno. Un veleno che causa ustioni sulla pelle umana. E nei casi più gravi può provocare uno shock anafilattico. Sono formiche rosse – che tecnicamente si chiamano Solenopsis invicta – arrivate dal Sud America nei porti italiani a bordo di merci trasportate dalle navi. Una fra le specie più invasive conosciute che ora è sbarcata in Italia. Ottantotto nidi sono stati individuati in Sicilia, vicino Siracusa. E si tratta del primo avvistamento ufficiale per l’Europa. L’allarme è scattato dalla lettura dello studio pubblicato sulla rivista Current Biology e guidato dall’Istituto spagnolo di Biologia evoluzionistica, e al quale hanno collaborato anche l’Università di Parma e l’Università di Catania. Hanno impatti notevoli sugli ecosistemi, sull’agricoltura, sulla salute umana e sull’economia. Mangiano cavi, possono provocare gravi danni alla rete elettrica e alle reti di connessione e blackout. Ne parliamo con Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti.
Innanzitutto perché si chiamano formiche di fuoco?
«Vengono chiamate formiche di fuoco perché hanno un pungiglione che viene utilizzato per somministrare un veleno e il tipo di danno che fanno agli esseri umani assomiglia un po’ ai danni di un’ustione. Quindi vengono chiamate formiche di fuoco proprio per questo. Tenendo poi presente che il tipo di veleno di cui sono dotate può provocare anche shock anafilattico».
Da dove arrivano e quando e come sono sbarcate in Italia? Dico sbarcate perché si presume siano giunte nei porti e quindi da un percorso marittimo.
«Sono originarie del Sud America.Si sono diffuse in diversi altri paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, l’Australia, anche l’Asia. Probabilmente, come si diceva, sono arrivate con delle navi, anche qui potrebbero essere giunte con materiale vegetale, piante, in cui magari avevano nidificato nei paesi di origine. Dal punto di vista della diffusione quello di Siracusa è il primo rinvenimento. Se andiamo a vedere sui siti ufficiali, ad esempio dell’Eppo, non era ancora segnalata in Italia la presenza di questo insetto».
Con la loro capacità di rosicchiare che tipo di danni possono causare alle infrastrutture elettriche di comunicazione e in particolare all’agricoltura?
«Ovviamente si tratta di insetti sociali che sviluppano delle famiglie con una regina dei maschi, delle operaie e nello sviluppo di quella che è questa loro socialità costruiscono delle case, chiamiamole così, dei nidi abbastanza vasti, abbastanza estesi. Con questa attività possono appunto corrodere, rodere, rosicchiare cavi che ovviamente non riconoscono come tali e quindi possono provocare dei blackout. Possono provocare anche dei fori, ad esempio negli impianti di irrigazione. Possono anche essere nocive per le coltivazioni, visto che i loro nidi possono, ad esempio, attaccare gli apparati radicali di giovani plantule o possono andare a cercare nelle colture da seme le cariossidi, i semi appunto, per poterli utilizzare per l’alimentazione. Anche se fondamentalmente sono insetti che si nutrono di proteine di origine animale e quindi il danno alle colture solitamente è un danno di secondaria importanza, però in certe situazioni hanno provocato anche danni su colture, ad esempio orticole.
Oltre alla formica di fuoco in Italia ci sono molte specie aliene che già hanno causato danni. Li avete quantificati?
«Noi sono anni che stiamo monitorando la situazione perché quasi ogni anno abbiamo quattro o cinque rinvenimenti di nuovi insetti, di nuove malattie che provengono dall’estero.Questo è un effetto della globalizzazione. È un effetto che si è sicuramente evidenziato in maniera molto più evidente negli ultimi anni e che provoca grossissimi problemi alle nostre coltivazioni. Noi abbiamo stimato circa un miliardo di euro di danni, probabilmente sono per difetto e probabilmente cresceranno nei prossimi mesi, nei prossimi anni. Ricordiamo tutti quello che è il grosso problema della Xylella, che appunto sta devastando quelle che sono le coltivazioni di ulivo in parte della Puglia. Abbiamo un problema grossissimo con il granchio blu per quello che riguarda l’attività di pesca. Ci sono situazioni come ad esempio quella della popillia japonica, che è stata riscontrata tra Piemonte e Lombardia, che attacca e prolifera. Attacca tutta una serie di vegetali, danneggia il cotico erboso, ma defoglia anche le viti. Abbiamo ad esempio la cosiddetta cimice asiatica, che è un altro insetto devastante che negli ultimi due-tre anni ha danneggiato non solo le coltivazioni di pere, ma anche le nocciole e altre colture ancora.
Fonte: Il Sole 24 Ore