Francia, fumata bianca: c’è l’accordo per il governo Barnier (che va da Macron)

Dopo due settimane di trattative all’ultimo respiro, la Francia avanza a passo spedita verso la formazione del nuovo governo. Nel cielo di Parigi la fumata bianca sembra più vicina che mai: la riunione considerata dell’«ultima chance» tra il premier designato, Michel Barnier, e le forze politiche sembra finalmente portare la Francia fuori dall’impasse politica. Secondo fonti concordanti, il nuovo esecutivo guidato dal settantaduenne neogollista dovrebbe venire annunciato venerdì, al massimo entro il fine settimana.

Barnier in serata è andato da Emmanuel Macron all’Eliseo – terzo incontro in pochi giorni – per proporre al capo dello Stato un esecutivo «pronto ad agire al servizio dei francesi» e determinato a «migliorare il loro tenore di vita nonché il funzionamento dei servizi pubblici, in particolare, la scuola e la salute, ma anche garantire la sicurezza, controllare l’immigrazione e far progredire l’integrazione». Secondo una nota di Matignon, Barnier vuole «incoraggiare aziende e agricoltori, confermare l’attrattività economica della Francia, controllare i conti pubblici e ridurre il debito ecologico».

Il capo del governo ritiene che i partiti e i gruppi politici della destra e del centro che ha riunito a Parigi per l’ultimo delicatissimo round di consultazioni, dopo le frizioni dei giorni scorsi su nomine e tasse, sono ora «pronti a sostenere l’azione del suo futuro esecutivo». Durante la riunione, Barnier ha inoltre «insistito» sul «dialogo permanente che intende instaurare con l’insieme dei parlamentari, dei rappresentanti locali e delle forze vive del Paese». Per tradurre in pratica questo programma, in una République generalmente incline al pessimismo e con una situazione dei conti pubblici ritenuta «gravissima» dallo stesso capo del governo, Barnier pensa ad un esecutivo di 38 ministri, di cui 16 titolari, hanno riferito diversi partecipanti all’odierna riunione, tra cui l’ex premier Gabriel Attal.

Dinanzi alla complessa ricerca di un equilibrio politico, l’ex caponegoziatore Ue per la Brexit – noto per le sue doti di mediatore – nominerebbe tra i ministri in pieno esercizio sette macroniani, tre Républicains, 2 centristi MoDem, uno di Horizons (Edouard Philippe), uno dei centristi Udi, uno dei «Diversi di destra» e uno dei «Diversi di sinistra». L’accordo riguarda anche punti molto discussi con le parti politiche su immigrazione («fermezza e umanità», secondo quanto trapelato) e tasse. Il premier si sarebbe impegnato a non intraprendere aumenti del fisco «per le classi medie e i francesi che lavorano». Questo impegno, ha precisato Attal dopo i dissapori dei giorni scorsi tra Barnier e il campo presidenziale proprio su questo punto, «è per noi vitale».

Se il cartello di sinistra «Nouveau Front Populaire« ha escluso a priori di partecipare al nuovo esecutivo accusato di flirtare con il Rassemblement National di Marine Le Pen, forte ostilità si era manifestata negli ultimi giorni anche da macroniani e centristi, al punto che la missione di Barnier sembrava a un passo dal fallimento. Poi la schiarita, in attesa dell’annuncio dei nuovi ministri. Avanzare «passo, passo» per raggiungere l’obiettivo: questo uno dei mantra del savoiardo amante di vette alpine, che si appresta a governare la Francia in una sorta di «coesistenza» (per non dire «coabitazione») tra Macron, centristi e repubblicani. E sul quale pesa la spada di Damocle di una mozione di censura (sfiducia) che potrebbe arrivare in ogni momento dalla gauche e da Marine Le Pen.

Fonte: Il Sole 24 Ore